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    Allansdottir: “Editing genetico in Cina, false speranze possono alimentare sfiducia nella scienza”

    L’esperta di studi sociali delle tecnologie (Foro lombardo innovazione): messaggio controproducente

    di Redazione Open Innovation | 30/11/2018

“La mia prima reazione al video di He Jiankui, con cui ha comunicato la nascita di due gemelle dal Dna alterato? Una grande tristezza: così si illudono centinaia di migliaia di persone”.

Così Agnes Allansdottir, esperta di studi sociali su scienza e tecnologia, una dei dieci membri internazionali del Foro regionale lombardo per la Ricerca e l’innovazione, commenta l’annuncio choc del genetista cinese. Annuncio di pochi giorni fa, seguito poi da un’ulteriore rivelazione: un’altra coppia starebbe portando avanti la gravidanza, ai primissimi stadi, di embrioni geneticamente modificati. Ma nel complesso “l’esperimento” sarebbe stato interrotto, ha aggiunto Jiankui.


Nata in Islanda e ormai da vent’anni in Italia, Allansdottir per la sua formazione è particolarmente attenta alla percezione dei traguardi scientifici da parte dell’opinione pubblica: la psicologa sociale ha fatto parte di gruppi selezionati dalla Commissione europea per monitoraggi dell’opinione pubblica sull’impatto di tecnologie e tecnoscienze.

Inoltre un anno fa ha pubblicato uno studio su Nature Biotechnology, “Public views on gene editing and its uses””, in cui analizzava anche la reazione di gruppi di cittadini in dieci paesi UE e negli Usa a ipotesi di manipolazione genetica degli embrioni.


Allansdottir, partiamo dall’annuncio su Youtube…


“Lo definirei perlomeno problematico, è evidente che qualche nodo da sciogliere c’è, se si sceglie questa strada invece di quella della pubblicazione su una rivista sottoposta alle revisione di altri colleghi. Il video è impressionante per la sua semplicità. Nella comunicazione della scienza noi dobbiamo tutti evitare di cadere in queste trappole: veicolare i traguardi scientifici in questo modo può essere addirittura controproducente.


Ma la sensazione principale che mi ha trasmesso quel video è un’altra: una grande tristezza. Anche assumendo come vero quello che il genetista cinese ha detto - la modifica del Dna in almeno una delle due bimbe prima della nascita, per rendere il suo corredo genetico ‘resistente’ all’Aids - una notizia data in questo modo dà l’ennesima falsa speranza a centinaia di migliaia di aspiranti genitori. E questo mi pare eticamente discutibile”.



Qual è insomma a suo giudizio il messaggio trasmesso all’opinione pubblica?


“Si tratta di un messaggio quasi miracolistico, ovvero che da qui in avanti sarà possibile intervenire sul Dna degli embrioni per prevenire patologie anche gravi. Non è così, la tecnica di editing genetico Crispr-cas9 è sicuramente promettente, ma sul fronte delle sperimentazioni sugli embrioni risulta ancora in qualche modo rudimentale.

Più in generale, è nella natura stessa della ricerca scientifica il fatto di non poter garantire un esito positivo, non parliamo di un processo di produzione: in questo campo si stanno cercando soluzioni, ma non sono scontate. E allora, se le promesse e le conseguenti aspettative di guarigione sono troppo alte si rischia un effetto boomerang, nel momento in cui queste promesse non vengono mantenute. A risentirne in questo caso può esserne proprio la frontiera dell’editing genetico, che invece – se regolata – può essere importantissima per il nostro futuro”.

 

Teme insomma un freno alla ricerca su questo fronte?


“È così. La fiducia nella scienza può venire erosa, è già successo in altri ambiti, vedi le campagne contro i vaccini. In questo caso poi c’è già il rischio che l’annuncio del genetista cinese sia percepito come un superamento di ogni limite etico. Viviamo un momento delicato, ormai dal 2015 ci sono richieste formali di moratoria sull’editing genetico, a inizio di quest’anno è stata sollecitata la creazione di un Osservatorio globale sull’editing genomico.

Il timore è quello, ricorrente e rappresentato dal mito di Frankenstein, di una scienza che procede al di fuori di regole concordate. Anche se, è bene precisarlo, quello che gli stessi studiosi sull’editing genetico chiedono sono una pausa di riflessione, non uno stop. E norme condivise, importanti soprattutto in un settore in cui la ricerca è molto competitiva e la voglia di arrivare primi può far spingere sull’acceleratore”.

 


Nell’annuncio cinese colpisce anche la motivazione: il DNA prenatale è stato alterato non per sanare una patologia presente ma per ‘prevenire’ l’Aids, cosa che si può fare anche con altri mezzi. A questo proposito, cosa ci racconta lo studio che ha pubblicato un anno fa?

“Negli 11 Paesi occidentali in cui abbiamo condotto le nostre interviste non abbiamo riscontrato nessuna chiusura a priori sulla tecnica in sé, cioè sull’alterazione genetica del Dna umano. Il giudizio dipende dall’uso che ne viene fatto. Davanti al caso, ipotetico, di una modifica genetica sugli embrioni per potenziare alcune capacità, e dunque non a scopi terapeutici immediati, la reazione è stata la stessa in tutti i Paesi monitorati: una simile azione rappresenterebbe il superamento di un limite che si giudica invalicabile.

Su interventi di alterazione prenatale del DNA a scopi terapeutici le reazioni degli intervistati si mostrano ambigue, con una prevalenza favorevole ma minore di quella per il ricorso terapeutico all’editing genetico da parte di adulti.

Il tema mostra di essere molto sensibile, la motivazione dell’intervento fa la differenza.

Nel caso invece si parli di editing genetico sugli adulti, sempre a fini di migliorare capacità di memoria o di linguaggio, l’intervento viene percepito come una scelta individuale, e quindi la tolleranza è maggiore”.

 

 

 

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