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    Parkinson, studio di centri milanesi per ridurre complicanze invalidanti

    Da Statale, Besta e Mario Negri focus sulla stimolazione cerebrale profonda

    di Redazione Open Innovation | 13/09/2019

Uno studio scientifico apre alla possibilità di incidere, per la prima volta, su tutta una serie di complicanze frequenti e invalidanti della fase avanzata della malattia di Parkinson come il decadimento cognitivo, i disturbi urinari, le cadute, le ospedalizzazioni e la mortalità. Elementi questi spesso non adeguatamente valutati nella letteratura scientifica disponibile finora, ma di gran peso nella quotidianità di pazienti e familiari.

A condurlo il Centro “Aldo Ravelli” per le Neurotecnologie e le Terapie Neurologiche Innovative dell’Università Statale di Milano presso l’Ospedale Universitario San Paolo di Milano, col supporto del Ministero della Salute e in collaborazione con alcuni dei più prestigiosi enti di ricerca italiani fra i quali la Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta e l’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.

La ricerca dunque ha valutato gli effetti a lungo termine della stimolazione cerebrale profonda (meglio nota come Deep Brain Stimulation o DBS) sulle complicanze frequenti e invalidanti della fase avanzata di questa patologia  e ha pubblicato i risultati ottenuti su The Journal of Neurological Sciences.

I risultati

Nello studio sono stati inclusi 181 pazienti con malattia di Parkinson seguiti presso sei Centri di rilevanza nazionale distribuiti su tutto il territorio italiano. Di questi pazienti 91 erano trattati con la DBS e 91 con la terapia farmacologica convenzionale. I risultati dello studio, in sintesi, hanno documentato che i pazienti trattati chirurgicamente presentavano a lungo termine meno disturbi cognitivi di grado lieve, un minor rischio di cadute e di disturbi urinari, e che venivano ricoverati in ospedale meno frequentemente per patologie non correlate alla malattia di Parkinson rispetto ai pazienti trattati con la sola terapia farmacologica. Inoltre, il trattamento con DBS non era associato né a un aumento della mortalità né del rischio di demenza rispetto ai pazienti trattati con i farmaci.

La dottoressa Emma Scelzo della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta, primo autore della ricerca, sottolinea che “l’importanza di questo studio è quella di aver valutato per la prima volta in maniera sistematica gli effetti della DBS, tecnica chirurgica che ha rivoluzionato il trattamento della malattia di Parkinson, non solo sugli aspetti motori classici della malattia (tremore, rigidità, fluttuazioni motorie) ma anche su complicanze molto meno studiate ma altrettanto rilevanti nella qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari. Una migliore definizione degli effetti della DBS sui disturbi cognitivi, sull’incontinenza urinaria e sulle cadute oltre che sul numero dei ricoveri e sul rischio di mortalità correlato al trattamento chirurgico, è infatti essenziale al fine di individuare l’iter terapeutico più adatto per ogni paziente in considerazione della totalità dei suoi sintomi”.

“I risultati di questa ricerca valutano aspetti fino a oggi ancora poco considerati dalla letteratura scientifica ma che sono estremamente importanti da un punto di vista pratico - rimarca poi il professor Alberto Priori, direttore del Centro “Aldo Ravelli” e della Clinica Neurologica dell’Università Statale di Milano -, anche in termini di ottimizzazione delle scelte strategiche in ambito di politica sanitaria e confermano la DBS come pilastro portante della terapia di questa malattia anche per i suoi effetti a lungo termine. Questi risultati assumono un valore ancora più elevato se si tiene in considerazione che, dopo più di venti anni dall’introduzione della DBS, saranno a breve disponibili innovazioni tecnologiche (per esempio la tecnologia - tutta made in Italy - della ‘DBS intelligente o adattativa’) che probabilmente la renderanno ancora più efficace”.

 

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