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    Rizzolatti: “Dal Premio ‘Lombardia è ricerca’ nuova linfa agli studi sui neuroni specchio”

    Intervista al neuroscienziato, primo vincitore del riconoscimento di Regione e ora giurato

    di Redazione Open Innovation | 03/06/2019

La scoperta dei neuroni specchio è considerata un passo fondamentale per capire l’empatia umana, ed è riconosciuta come una  importantissima tappa nella storia della Neurobiologia. Per questa scoperta Giacomo Rizzolatti, responsabile dell’Unità di Parma dell’Istituto di Neuroscienze del CNR, nel 2017 è stato scelto da una giuria di top scientists italiani come il primo vincitore del Premio internazionale “Lombardia è ricerca”.

Promosso da Regione Lombardia per dare visibilità (e sostegno, con un assegno da un milione di euro) a scoperte dall’impatto ampio e significativo nell’ambito delle Scienze della vita, il Premio si aggiunge ai molti altri riconoscimenti ottenuti da Rizzolatti, tra cui il  Brain Prize dalla Grete Lundbeck European Brain Research Foundation del 2014, ovvero il maggior premio internazionale per le neuroscienze. Rizzolatti è anche divulgatore: con il  professor Corrado Sinigaglia, docente di Filosofia della Scienza, ha pubblicato “So quel che fai” e recentemente “Specchi nel cervello”.

 

 

Professore, come si è evoluta la sua ricerca sul funzionamento di questi neuroni?

“Nel 1996 a Parma abbiamo individuato, in un settore della corteccia premotoria di scimmia, dei neuroni che si attivano quando l’animale compie una determinata azione. Ma anche - come in uno specchio - quando vede un altro individuo, uomo o scimmia, compiere quella stessa azione. La ricerca del mio team e di altri gruppi di ricercatori in Italia e all’estero ci ha permesso di capire in questi ultimi anni che il meccanismo da noi scoperto è presente non solo nella la corteccia premotoria, ma anche in altre aree corticali incluse quelle coinvolte nella codifica delle emozioni”.

 

Con il progredire delle nostre ricerche abbiamo potuto dimostrare che questo tipo di conoscenza, che ha la sua base fisiologica nei neuroni specchio, non si limita alle nostre attività motorie ma si estende anche ad altre capacità umane”

 

A che conclusione porta questo ulteriore passo avanti?

“È proprio ciò che illustriamo in ‘Specchi nel cervello’: abbiamo due modi di interagire con il mondo. Uno è quello ‘tradizionale’ del ragionamento, l’altro è di tipo ‘fenomenologico’: quello che vediamo ‘risuona’ in noi e attiva una comprensione dall’interno, con un’immediatezza che supera quella della comprensione basata sul ragionamento. Altri ricercatori poi in modo indipendente da noi hanno individuato il meccanismo dei neuroni specchio in altre specie animali: in ratti e pipistrelli, ad esempio, di questi ultimi parla un lavoro pubblicato lo scorso anno su Science.

Si tratta insomma di un meccanismo biologico generale, niente affatto isolato e dal funzionamento molto preciso. Dal punto di vista evolutivo si dimostra estremamente valido: permette infatti una comprensione sicura e completa delle azioni e delle emozioni dei propri simili. Con il progredire delle nostre ricerche insomma abbiamo potuto dimostrare che questo tipo di conoscenza, che ha la sua base fisiologica nei neuroni specchio, non si limita alle nostre attività motorie ma si estende anche ad altre capacità umane”.

Si tratta di avanzamenti sostenuti anche dal Premio “Lombardia è ricerca”?

“Certamente, con quei fondi abbiamo finanziato dei ricercatori che lavorano all’ospedale Niguarda di Milano che ci hanno fornito dati preziosissimi su varie aree cerebrali ed è stata comperata della nuova attrezzatura che facilita il lavoro dei chirurghi. Quando parlavo di altre funzioni che si basano sul meccanismo specchio mi riferivo, ad esempio, al riso. Abbiamo infatti individuato una regione della corteccia cerebrale dell’uomo la cui stimolazione evoca il riso ed è attivata dalla visione di altri che ridono. Queste ricerche sul riso si basano sui dati forniti proprio dal team del Niguarda, che lavora da tempo con pazienti epilettici.

Questo team, per curare l’epilessia farmaco resistente, inserisce una serie di elettrodi nel cervello del paziente epilettico ed individua la posizione del focolaio epilettico. Interviene poi alla sua rimozione, anche grazie a un controllo robotico. I dati raccolti tramite questi elettrodi ci hanno dunque permesso di ampliare le nostre osservazioni sul meccanismo dei neuroni specchio.

Quanto conta nelle sue ricerche l’apporto di competenze diverse tra loro?

“Molto, anche nei nostri studi come per molte altre attività mediche collaboriamo sempre più con ingegneri e altri specialisti di analisi dei segnali”.

 

“Nel mio caso i finanziamenti europei sono stati determinanti, anzi posso dire che per me abbiano rappresentato la salvezza”

 

Il primo motore della ricerca sono i fondi: nella sua esperienza, quanto contano oggi in Italia i finanziamenti pubblici, quanto quelli privati?
“Purtroppo i fondi statali sono scarsi e non tali da poter permettere una ricerca internazionalmente competitiva, mentre un ruolo importante lo hanno - là dove sono presenti - le Fondazioni. Nel nostro caso, ad esempio, Cariparma ci ha sostenuto a suo tempo con 300 mila euro, grazie ai quali abbiamo assunto i giovani ricercatori con cui abbiamo avviato il nostro Centro CNR.

La nostra collocazione a Parma poi ci ha favorito anche in un altro modo, perché abbiamo potuto avviare collaborazioni con una serie di realtà industriali interessate alle ricadute delle nostre ricerche - ad esempio a capire quali aree della corteccia cerebrali si attivano quando un consumatore vede un determinato prodotto. In questo modo abbiamo ottenuto altri fondi.

Nel mio caso determinanti sono poi stati i finanziamenti europei, anzi posso dire che per me abbiano rappresentato la salvezza. Personalmente ho vinto un ERC da tre milioni, uno dei nostri giovani ricercatori ha avuto 1,5 milioni con i fondi per l’inizio di carriera: nel complesso, il nostro gruppo ha ottenuto in varie tranche quasi 10 milioni di euro, che ci hanno consentito di portare avanti le nostre ricerche per diversi anni. Fondi preziosi, dunque, assegnati tra l’altro senza nessun favoritismo o nazionalismo, come ho potuto verificare quando per tre anni sono stato membro della Commissione incaricata di assegnare i fondi ERC”.

Da vincitore ora è giurato del Premio “Lombardia è ricerca”, che quest’anno ha come focus l’invecchiamento in salute…

“È una giuria eccellente, composta da scienziati di altissimo livello, in grado di garantire competenza, trasparenza e indipendenza di giudizio. Sul tema dell’Ageing faccio una semplice osservazione. Basta guardare alle pagine dei necrologi per avere subito un’idea di quanto la vita si sia allungata: leggiamo l’addio a donne sopra i 90 anni, a uomini ultraottantenni. Sono età un tempo impensabili. Si pone però il problema di come avere questa vita non solo lunga ma anche in salute”.  

 

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