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    Il fascino, decisamente discreto, della Blockchain

    di Luigi Rosati

L’ultima arriva da Facebook: Zuckerberg ha annunciato la costituzione di un team ad alto livello per studiare possibili applicazioni della tecnologia blockchain nell’ambito dei servizi offerti. E’ l’ennesima citazione, anche a livello mainstream, di una delle più interessanti innovazioni degli ultimi anni, entrata a far parte nel novero delle tecnologie abilitanti per la digital transformation. Solo qualche tempo fa Blockchain significava Bitcoin o, al massimo, criptovalute; non se ne capiva molto ma, del resto, anche su come funzionavano i Bitcoin non c’era grande chiarezza. Tuttavia negli ultimi due anni, l’effetto alone si è andato diradano, mostrando quanto c’è di potenziale e di efficace nella tecnologia delle cosiddette Distributed Ledger.

Ma vorrei cercare di fare chiarezza e non me ne vogliano gli esperti se farò qualche semplificazione di troppo e tenterò qualche metafora ardita. Innanzitutto si è parlato di Blockchain a proposito di Bitcoin perché le criptomonete si basano su una particolare tecnologia di gestione e registrazione delle transazioni. Al di là degli aspetti finanziari e monetari, i Bitcoin si basano su una mutua riconoscibilità: una rete di persone si accorda sul fatto che qualcuno ha in mano un certo valore, questa fiducia e riconoscibilità reciproca si basa sul fatto che c’è un controllo incrociato, che nessuno può alterare e, quindi, se uno della rete attesta di possedere un milione di dollari che converte in una moneta convenzionale riconosciuta, ecco che quel dato diventa vero e sicuro per tutti. Il vantaggio è tutto lì: al momento questa forma di fiducia è garantita da un Terzo che altri non è che una banca che, però, è influenzato da un sistema finanziario complesso che non può garantire che una somma versata o garantita manterrà sempre il suo valore (anzi) e, in casi rari ma non impossibili, addirittura la sua disponibilità.

Del resto come spiega Harari nella sua breve storia dell’umanità, il denaro è la maggiore e più diffusa forma di invenzione dell’homo sapiens.

Detto questo, la tecnologia che consente tutta questa sicurezza e garanzia è proprio la Blockchain; una soluzione che consente transazioni sicure e stabili e, proprio per questo, si sta diffondendo rapidamente a tutta una serie di contesti e applicazioni. Un ambito di riferimento è quello dei servizi pubblici, laddove l’identificazione di chi opera e, appunto, fa delle transazioni (dalla registrazione all’anagrafe al pagamento delle tasse, passando per la certificazione dei dati reddituali e previdenziali) è fondamentale.

Ma come funziona la Blockchain? Qui lasciatemi la possibilità di essere semplicistico e creativo. Facciamo il caso di una piccola comunità, un villaggio di poche centinaia di persone. Se un giorno tutti perdessero i propri documenti si potrebbe comunque fare affidamento sulla conoscenza reciproca, incrociando i legami relazionali tra tutti si renderebbe possibile ricostruire il quadro complessivo. Riunisco le persone e comincio ad indicare un soggetto a caso, poi chiedo ad ognuno di dire il nome del prescelto; se tutti gli interpellati mi dicono che il prescelto è Bruno Russo allora posso essere sicuro. A questo punto chiedo ad ognuno di prendere un quaderno e di annotarci il nome di Bruno Russo. Questi quaderni sono speciali: non è possibile cancellarli o riscriverci sopra, il nome indicato non si può modificare. Ancora di più: ogni volta che vorrò verificare il nome di Bruno Russo bisognerà chiedere a tutti e verranno confrontati tutti i quaderni su cui si è annotato quel nome. Ma voglio esagerare: per fare queste verifiche incrociate, alcune persone del villaggio devono poter risolvere dei problemi, sì dei veri rompicapo; solo così potranno ricostruire cosa c’è scritto sui quaderni. E per finire, se per caso dobbiamo fare delle modifiche o delle integrazioni, si prende e si aggiunge un quaderno nuovo. Per questo si parla di Distributed Ledger che, tradotto letteralmente, sta per libro mastro, o registro, distribuito, perché ogni transazione è annotata in modo distribuito fra tutti i componenti di quella rete. Questo rende tutto anche molto trasparente, tornando al nostro esempio, io posso sempre consultare il mio quaderno e vedere tutte le transazione pur nell’anonimato di chi le ha fatte. Si chiama poi Blockchain perché l’insieme dei quaderni che vado a utilizzare per annotare le transazioni si dispone in una catena, che garantisce dei legami univoci tra un blocco e l’altro, fornendo così ancora più sicurezza.

In questo modo, in sostanza, io ho una tecnologia che mi consente di avere Ledgers, ovvero registri di transazioni, sicuri e stabili. Questo è molto utile in finanza ma anche, ad esempio, nella sanità, in cui essere sicuri che una certo protocollo di cura vada alla persona giusta o che le informazioni di una banca dati donatori siano protette, sono elementi che valgono veramente la vita.


Di Blockchain se ne discuterà il 16 maggio a Milano nell’evento “Blockchain business revolution” e poi il 22 maggio a Roma nel convegno “Blockchain per la riprogettazione dei processi e la sicurezza delle transazioni nella PA” nell’ambito di FORUM PA 2018.

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1 contributo

Benedetta Scarpelli

21/05/2018 alle 13:05

Ciao Luigi,

grazie per questo approfondimento e grazie soprattutto per la tua spiegazione.

Come dicevi, gli ambiti di applicazione della tecnologia blockchain possono essere tantissimi, condivido questa prima applicazione in ambito culturale: si chiama Unico ed è legata al concetto di collezionismo digitale.

Questo progetto Made in Italy ha lo scopo di creare un ecosistema per la creazione, l’acquisto e lo scambio di collezionabili digitali on line.

Qui il link al progetto www.unico.global

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