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    Smart working e mobilità in lockdown a Milano: ecco i risparmi energetici

    Uno studio RSE ipotizza due scenari di riduzione dei consumi con un’estensione del lavoro agile

    di Redazione Open Innovation | 20/11/2020

Quali sono stati gli effetti del “lockdown” della scorsa primavera dei mesi sulla mobilità nell’area milanese, anche in termini di consumi energetici?

Se lo è chiesto RSE, società di Ricerca sul Sistema Energetico controllata da GSE (Gestore Servizi Elettrici), ovvero l’ente pubblico incaricato di studi e documentazione su fonti rinnovabili ed efficienza energetica.

La risposta a questa domanda può fornire diverse indicazioni utili su possibili soluzioni di mobilità più sostenibile all’interno delle città, a partire dall’esperienza concreta dei mesi scorsi.

In particolare il ricorso al lavoro da remoto sperimentato durante il lockdown potrebbe aiutare a elaborare nuove strategie di programmazione e di innovazione degli stili di vita dei cittadini e dell’organizzazione delle città, anche a livello di efficienza energetica.

Lo studio e i risultati

Su questo fronte RSE ha promosso, in collaborazione con il partner Tandem, uno studio sull’impatto dello Smart working nell’area di Milano durante il periodo del lockdown. Dall’indagine sono emersi due dati rilevanti: anzitutto, rispetto al periodo ante Covid, all’esordio della pandemia in Lombardia si è stimata una riduzione della mobilità pari al 25% e del 55% tra il 9 e il 20 marzo.

Secondo dato rilevante, grazie all’analisi di un modello trasportistico multimodale e multi orario dell’area metropolitana è stato possibile calcolare che il ricorso al lavoro agile potrebbe permettere una riduzione potenziale di circa 5, 8 milioni di vetture-km al giorno sul trasporto privato in automobile, che costituisce circa il 60% del totale.

Una stima che si tradurrebbe in un risparmio di circa il 15% dei consumi totali dovuti agli spostamenti in auto nell’area di Milano, e nella mancata emissione di 500 tonnellate al giorno di PM 2,5 e 1.300 tonnellate di CO2.

Le analisi nel dettaglio

Partiamo dallo studio condotto da RSE in collaborazione con Tandem.

Grazie agli strumenti SDK (Software Development Kit) installati su un network di applicazioni1 l’indagine è stata in grado di identificare in modo preciso la posizione dei dispositivi mobili coinvolti.

I dati acquisiti, opportunamente anonimizzati ed aggregati, riguardano più di 35 mila utenti che vivono, lavorano o visitano stabilmente la città di Milano, rappresentativi di circa il 3% della popolazione residente nel territorio comunale.

Gli spostamenti registrati sono stati discretizzati in 88 zone della città che ricalcano le circoscrizioni in cui è diviso il territorio comunale, a loro volta raggruppate in tre macroaree: la macrozona interna che corrisponde alla cerchia filoviaria (area C), la macrozona esterna che comprende il resto del territorio comunale (area B) e infine un’area fittizia che comprende tutti gli spostamenti da e verso il comune.

  1. Zonizzazione di Milano: si evidenzia la macrozona centrale C e quella esterna B, i movimenti da e per l’esterno del Comune sono raggruppati in una macrozona fittizia.

Le informazioni raccolte riguardano gli spostamenti effettuati nei giorni feriali in tre diversi periodi compresi tra i mesi di Febbraio e Marzo 2020, e rappresentativi delle progressive restrizioni agli spostamenti della popolazione.

Il primo periodo si riferisce alla situazione ante Covid, il secondo si riferisce ai giorni tra il 25 Febbraio e il 6 Marzo (denominato periodo 1 Covid) quando le prime misure di contenimento vengono applicate alla Lombardia (24 Febbraio chiusura delle scuole e delle università), e infine il terzo periodo va dal 9 al 20 Marzo (denominato periodo 2 Covid) quando, cioè, le restrizioni sono estese a tutto il territorio nazionale (DPCM 11 marzo 2020) e la situazione sanitaria nel Nord Italia è sempre più critica.

Conseguenze del lockdown sulla mobilità di Milano

I provvedimenti presi per il contenimento del contagio hanno generato una rilevante e progressiva diminuzione degli spostamenti nella città di Milano. Rispetto al periodo ante Covid, si è stimata una riduzione pari al 25% nel periodo 1 Covid e del 55% nel periodo 2 Covid, come mostrato nei grafici del blocco 2.

Questo dato trova un’ottima correlazione con le informazioni riportate da AMAT (Agenzia Mobilità Ambiente e Territorio) in “Documenti di analisi della variazione degli indicatori relativi ai sistemi di mobilità di Milano a seguito dell’emergenza Covid-19”. Infatti, mediante il monitoraggio dei transiti dei veicoli attraverso i varchi elettronici dell’area B, che corrisponde a gran parte del territorio della città di Milano, nelle due settimane dal 7 al 20 marzo AMAT ha registrato un calo considerevole, con picchi giornalieri fino al -77%. Mediamente, la riduzione è risultata pari al -55%.

Di tutti gli spostamenti giornalieri registrati, circa il 45% può essere definito sistematico, avviene, cioè, secondo un tragitto casa-lavoro (o studio), con una sistematica ripetizione del percorso origine-destinazione in tutti i giorni feriali.

Questi spostamenti sono compiuti unicamente dalla fascia di popolazione degli occupati, che corrisponde a circa il 70% della popolazione residente a Milano, secondo quanto riportato da ISTAT (Censimento popolazione e abitazioni 2011).

Tutti gli spostamenti che non rientrano nella sistematicità casa/lavoro, come ad esempio il recarsi al supermercato per fare la spesa, vengono detti occasionali e si attribuiscono sia alla categoria degli occupati sia a quella dei non occupati.

Nei grafici seguenti viene mostrata la ripartizione tra le due tipologie di spostamenti nei tre periodi analizzati, entrando anche nel dettaglio della categoria di utente.

  1. Variazione degli spostamenti all’interno della città di Milano nei due periodi di lockdown analizzati

Mentre nel primo periodo di lockdown gli spostamenti casa/lavoro e quelli occasionali calano entrambi di circa il 25%, nel secondo periodo le prescrizioni di “rimanere in casa” sembrano aver colpito maggiormente gli spostamenti occasionali.

In particolare, osservando nel dettaglio l’andamento degli spostamenti occasionali (figura a destra), le prescrizioni di chiusura hanno interessato maggiormente gli occupati (65%) rispetto a quelli non occupati (46%).

La chiusura degli uffici e delle attività non ha limitato, quindi, i lavoratori solo nei tragitti casa/lavoro ma anche in tutte le altre tipologie di spostamento, in modo maggiore rispetto alla restante parte della popolazione.

Il cambiamento radicale delle abitudini, dato dal non doversi recare più tutti i giorni sul posto di lavoro, ha dunque generato una maggiore percezione della necessità di rimanere presso la propria abitazione, limitando anche gli spostamenti occasionali.

Analizzando la ‘geografia del fenomeno’ è emerso che la macrozona interna è quella che ha registrato percentualmente la maggiore riduzione degli spostamenti, sia per motivi lavorativi che per motivi occasionali e per entrambi i periodi di restrizioni, come mostrato nei grafici del blocco 3: Periodo 1 Covid -28%, Periodo 2 Covid -63%.

L’area centrale di Milano è infatti quella con la maggior concentrazione delle attività che sono state coinvolte dalle chiusure del Decreto dell’11 marzo 2020 (uffici, negozi, luoghi di riunione).

Questo ha generato un minor afflusso sia degli occupati sia dei frequentatori abituali, come ad esempio i clienti degli esercizi commerciali.

  1. Variazione degli spostamenti giornalieri per macrozona di origine e destinazione

Potenzialità dello Smart working per la mobilità sostenibile

Alla luce delle osservazioni fatte, è possibile elaborare alcune considerazioni sulle potenzialità, a livello di mobilità nella città di Milano, del ricorso allo Smart working per il lavoro di ufficio e lo studio.

L’analisi ovviamente riguarda la categoria degli “occupati”, che sono caratterizzati da una mobilità sistematica, relativa cioè agli spostamenti abituali per studio e per lavoro. In questa categoria ricadono anche coloro che sono rimasti a casa a seguito del Decreto dell’11 Marzo 2020 ma non hanno potuto proseguire la propria attività dal domicilio in modalità Smart working, e sono rimasti dunque inattivi. Considerando il numero di addetti per settore, forniti dalla banca dati Istat2, e la tipologia delle mansioni toccate dall’obbligo di chiusura, RSE ha stimato che il 63% dei lavoratori rimasti a casa ha potuto continuare a lavorare grazie al ricorso al lavoro da remoto.

Una prima considerazione, di carattere molto generale, riguarda il calo degli spostamenti sistematici registrato nel periodo di massimo lockdown (Periodo 2 Covid) rispetto al periodo ante Covid.

Come mostrato precedentemente, gli spostamenti da e verso il luogo di lavoro o di studio sono calati del 53%, che rapportato al dato di mobilità complessivo corrispondono a un calo degli spostamenti totali del 23%.

Contestualizzando questo dato in un’analisi sul potenziale massimo dello Smart working, decurtando cioè la quota di chi è rimasto a casa senza poter lavorare, si ottiene un potenziale di riduzione degli spostamenti totali giornalieri, grazie al massivo ricorso al lavoro agile, pari al 14,5%.

Questa percentuale è sicuramente una stima di massimo potenziale esprimibile dalla città, in quanto presuppone che tutti i lavoratori che possono far ricorso allo Smart working lo utilizzino contemporaneamente, e lavorino da casa tutti i giorni della settimana.

L’analisi può essere approfondita analizzando i dati di mobilità suddivisi per fasce orarie.
Infatti uno dei vantaggi del ricorso allo Smart working consiste nella riduzione del traffico e dell’affollamento nei mezzi pubblici nelle ore di punta, quelle, cioè in corrispondenza dell’andata e ritorno dal posto di lavoro.

Considerando quindi le fasce orarie di punta della mattina (dalle 7 alle 8), di metà giornata (dalle 12 alle 13) e di fine giornata (le 18) si ottengono i dati riassunti nella Tabella 1.

Nelle ore di punta, caratterizzate da maggior traffico e affollamento sui mezzi pubblici, lo Smart working, nel contesto analizzato, permette un potenziale di riduzione degli spostamenti totali che raggiunge un massimo del 19% alla mattina e il 16% alla sera.

Tabella 1 – Potenziale di riduzione degli spostamenti in seguito all’adozione dello Smart working nelle fasce orarie di punta

Un’ulteriore considerazione riguarda il fatto che gli spostamenti da e per il luogo di lavoro o di studio sono mediamente caratterizzati da distanze percorse maggiori rispetto a quelli occasionali.

Gli spostamenti sistematici possono essere suddivisi per direttrici principali, differenziando, cioè, i tragitti all’interno della stessa macroarea da quelli che attraversano una o più macroaree, ad esempio dall’esterno verso la zona interna o viceversa (blocco 4).

Nella fascia oraria della mattina (box a sinistra), gli spostamenti prevalenti interessano le direttrici che da fuori Milano portano nelle zone interne (area C : 23% degli spostamenti totali) o nelle zone esterne (area B: 25%) e anche viceversa dalle zone esterne (area B) verso fuori città (22%).

Nella fascia oraria di metà giornata iniziano ad assumere importanza gli spostamenti in senso opposto, cioè in uscita dalle zone interne verso fuori città (21%), per la maggior parte imputabili agli studenti.

Nella fascia oraria della sera gli spostamenti più rilevanti in numero sono quelli che portano dalla città verso l’esterno, sia a partire dalle zone interne (25%) sia da quelle esterne (31%).

  1. Ripartizione degli spostamenti casa/lavoro per macroarea di origine e destinazione

I dati relativi alla mobilità attraverso le macroaree mostrano dunque come gli spostamenti attribuibili al tragitto casa/lavoro comportino, mediamente, l’ingresso in città e l’attraversamento di più zone, con conseguenze sulla congestione del traffico e sull’inquinamento, data la maggiore distanza percorsa.

Un ricorso massivo allo Smart working, nelle ipotesi di massima che tutti coloro che possono lavorare da remoto lo facciano ogni giorno feriale, potrebbe permettere riduzioni considerevoli degli spostamenti, con punte sino al 48% durante le ore di punta, come mostrato in Tabella 2, applicando le percentuali rilevate durante lo studio.

Tabella 2 – Potenziale di riduzione degli spostamenti lungo le direttrici più affollate nelle ore di punta, grazie all’adozione dello Smart working

Quanto valgono queste riduzioni degli spostamenti in termini di risparmio energetico e ambientale?

Per stimare l’impatto della riduzione degli spostamenti sistematici a seguito del ricorso allo Smart working, si è fatto riferimento allo studio di mobilità che RSE, con la collaborazione di Tandem, ha svolto in precedenza sull’area di Milano3.

Tale analisi, grazie a un modello trasportistico multimodale e multi orario dell’area metropolitana, ha riscostruito le scelte modali delle persone in un giorno medio feriale.

Gli spostamenti, distribuiti per fascia oraria, sono stati suddivisi tra le tipologie di offerta di mobilità di Milano: l’automobile, la moto, la bicicletta, il trasporto pubblico locale e i tragitti a piedi.

Come anticipato all’inizio, l’applicazione di questa ripartizione modale agli spostamenti evitati grazie al ricorso al lavoro agile ha permesso di stimare una riduzione potenziale di circa 5,8 milioni di vetture-km al giorno, per quanto riguarda il solo trasporto privato in automobile, che costituisce circa il 60% del totale.

Questo significa un risparmio nei consumi di 112 ktep/anno, pari a circa il 15% dei consumi totali dovuti agli spostamenti in auto nell’area di Milano, dei quali il 58% interessa direttamente il territorio comunale.

Gli effetti ambientali si tradurrebbero nelle mancate emissioni di inquinanti4, tra cui 500 tonnellate al giorno di PM 2,5 e 1.300 tonnellate di CO2 evitate.

Naturalmente i dati fin qui presentati costituiscono uno scenario di massima, in cui si fa ricorso allo Smart working ovunque sia possibile e in tutti i giorni lavorativi. Per definire un approccio maggiormente realistico, è stato ipotizzato che il lavoro da remoto venga applicato 2 o 3 giorni a settimana, ottenendo i risultati di risparmio nei consumi e di mancate emissioni di inquinanti4 riportati in Tabella 3.

Tabella 3 – Consumi evitati e mancate emissioni di inquinanti nelle diverse ipotesi di diffusione dello Smart working

Come migliorare l’offerta di mobilità? Due scenari

È interessante domandarsi come si collocano questi risultati in confronto a quanto sarebbe possibile ottenere da altre tipologie di interventi sulla mobilità, nell’ottica di maggiore sostenibilità ambientale.

Sempre facendo riferimento al citato studio, RSE e Tandem hanno elaborato due scenari sui possibili miglioramenti dell’offerta di mobilità nell’area di Milano5.

Il primo, denominato A-TRANSIT, è stato incentrato sul potenziamento del trasporto pubblico locale (in particolare con l’introduzione di due nuove linee della metropolitana e l’incremento delle frequenze dei treni) e sull’evoluzione delle politiche di tariffazione.

Il secondo, denominato B–ELETTRICO, è stato incentrato sia sulle variazioni al trasporto pubblico, recependo le valutazioni fatte nello scenario A, sia su una massiccia modernizzazione della modalità privata (in particolare l’introduzione dell’area B e la marcata spinta verso le auto e i monopattini elettrici).

Lo scenario A-TRANSIT, incentrato, sostanzialmente, in un passaggio dall’utilizzo dell’auto privata in favore del TPL, permette un risparmio sui consumi totali dovuti agli spostamenti in auto pari a circa il 7% rispetto al caso base.

Lo scenario B – ELETTRICO, invece, che prevede anche una transizione verso la mobilità elettrica privata, permette un risparmio sui consumi totali dovuti agli spostamenti in auto pari a circa il 25% rispetto al caso base (al netto dei consumi elettrici).

Si può dunque affermare che il ricorso allo smart working, anche se applicato in forma più leggera rispetto a quanto ipotizzato in questo studio preliminare, potrebbe permettere riduzioni dei consumi e delle emissioni paragonabili a quelli di altre tipologie di interventi (potenziamento del TPL, mobilità elettrica…) e si colloca quindi sicuramente tra le soluzioni che possono essere messe in campo per rendere più sostenibile la mobilità all’interno delle città.

A conclusione di questa analisi occorre ricordare che il tema dello Smart working è molto complesso, in quanto i suoi effetti, positivi e negativi, vanno a toccare diversi aspetti: ambientali, sociali ed economici: non si pretende di darne qui una trattazione esaustiva.

Occorre inoltre considerare che gli spostamenti per lavoro condizionano diversi settori economici legati direttamente o indirettamente a questa tipologia di mobilità, come la ristorazione, il settore alberghiero, il mercato immobiliare e tutte le attività commerciali situate nelle zone della città ad alta densità di uffici.

Un diffuso ricorso al lavoro da casa potrà portare una ridistribuzione nell’assetto dell’offerta di tutti questi servizi a beneficio delle aree più periferiche.

Per leggere il DossieRSE originale clicca qui.

 

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Note

1 I dati sono stati forniti dal gruppo Next14

2 Istat, Censimento industria e servizi 2011

3 RSE, “Soluzioni di mobilità sostenibile attraverso l’utilizzo di dati di telefonia mobile”, Rapporto Ricerca di Sistema n. 20000274, 2020.

4 Consumi specifici e coefficienti di emissioni sono stati calcolati attraverso COPERT, software europeo di riferimento per il calcolo delle emissioni derivanti dal trasporto stradale.

5 RSE, “Soluzioni di mobilità sostenibile attraverso l’utilizzo di dati di telefonia mobile”, Rapporto Ricerca di Sistema n. 20000274, 2020

 

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