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    Vaccino anti Covid, Oxford rilancia: “Il nostro efficace al 90%”, presto i dati

    Secondo i primi risultati funziona meglio partendo da metà dose. Gli altri vantaggi e cosa manca

    di Redazione Open Innovation | 23/11/2020

La cordata anglo-italiana Oxford-AstraZeneca-Irbm torna sulla scena della corsa a un vaccino contro il Covid-19, presentando i dati della sua sperimentazione di fase 3 basata su due diverse modalità di somministrazione.

La conclusione? Il farmaco messo a punto dalla collaborazione tra l’università inglese, il colosso farmaceutico e l’impresa di Pomezia, sarebbe efficace in media al 70%, ma potrebbe arrivare al 90% nel caso si proceda prima alla somministrazione di metà dose, seguita da un richiamo con una dose intera 28 giorni dopo.

Questo percorso imiterebbe meglio, secondo i ricercatori, la naturale esposizione al virus e quindi la reazione immunitaria. Altro punto sottolineato, la risposta (positiva) dei volontari anziani coinvolti: una delle grandi incognite è infatti il diverso effetto che il vaccino può avere in soggetti più deboli come gli over 65.

Riprende così la scena lo sforzo dell’ateneo inglese, dopo lo stop alla sperimentazione sugli esseri umani deciso dalla stessa cordata a inizio settembre, per la presenza di sintomi avversi in una volontaria che però - aveva comunicato AstraZeneca - non sarebbero stati legati alla somministrazione del vaccino.

I responsabili della sperimentazione hanno fatto il loro annuncio il 23 novembre, assicurando a stretto giro la pubblicazione dei dati su una rivista scientifica che possa valutarli. Ora dunque si aspettano i dati completi, anzitutto, quindi le autorizzazioni degli enti regolari internazionali, negli USA come in Europa.

Quello su cui hanno voluto insistere i ricercatori sono però anche altri aspetti, che possono avere un certo peso nella scelta di un vaccino piuttosto che di un altro. Oltre al nodo, centrale, dell’efficacia (ai diversi livelli della prevenzione, del controllo dei sintomi e del blocco della trasmissione del virus) c’è quello del costo, e della maggiore o minore difficoltà di una distribuzione di massa.

In questo caso, il vaccino anti-Covid Oxford-AstraZeneca-Irbm nella formulazione più efficace verrebbe venduto a circa 3 euro. Ovvero quasi dieci volte meno il prezzo ipotizzato per il farmaco targato Pfizer, la prima multinazionale a smuovere le acque con un annuncio (il 9 novembre) dai contenuti ancora da verificare: quello di un vaccino efficace al 90%, con 50 milioni di dosi pronte entro il 2020.

Altra differenza: il vaccino studiato a Oxford potrebbe essere distribuito con la normale catena del freddo, rispetto ai -70°/80° richiesti dal farmaco Pfizer. Il rilancio di AstraZeneca sta anche negli obiettivi: 200 milioni di dosi pronte entro l’anno, 700 milioni di dosi già entro marzo 2021. E certo il fatto di puntare su una prima somministrazione di metà dose soltanto può accrescere il numero di persone per cui il vaccino può essere disponibile in prima battuta. 

Questo dunque il quadro attuale, in cui si inserisce anche il vaccino della statunitense Moderna: efficace, secondo i suoi ricercatori, al 94% e - dato rilevante - anche su anziani e persone con patologie che rappresentano alti fattori di rischio. La distribuzione in questo caso dovrebbe avvenire a - 20 gradi, dunque con normali freezer.

 

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