• Storie di innovazione

    Da Milano la scoperta di nuovi potenziali biomarcatori della schizofrenia. Durante il sonno

    Uno studio un gruppo di giovani ricercatori dell’Università Statale offre una conferma neurobiologica della diagnosi clinica. Cinque milioni i malati in Europa

    di Redazione Open Innovation | 22/02/2018

Identificare un marcatore della malattia che permetterebbe la conferma neurobiologica della diagnosi clinica di schizofrenia. Senza metodi invasivi, ma attraverso la registrazione di segnali cerebrali durante il sonno.

Ecco l’obiettivo dell’innovativo studio condotto da un gruppo di giovani ricercatori dei dipartimenti di Scienze della salute e di Scienze biomediche e cliniche 'Luigi Sacco' dell'Università Statale, di recente sulla pubblicato sulla rivista specializzata del gruppo editoriale Nature, “npj|Schizophrenia”.

Arriva dunque da Milano un importante passo avanti per la comprensione delle basi biologiche della schizofrenia. Una patologia diagnosticata, lo ricordiamo, a oltre 5 milioni di persone in Europa. Fino a oggi, l’unico strumento a disposizione dei medici per completare queste diagnosi è stato il giudizio clinico, a partire da una serie di sintomi come allucinazioni e alterazioni congnitive.

Quello di cui il team guidato dal dottor Armando D’Agostino, della clinica psichiatrica del dipartimento di Scienze della salute, è andato in cerca è allora la conferma neurobiologica della diagnosi clinica, attraverso appunto l’individuazione di un marcatore di questa patologia.

Sotto osservazione è stata messa l’attività oscillatoria del cervello in familiari di primo grado di malati schizofrenici. La premessa è che durante il sonno, alcune strutture del cervello producono segnali che possono essere rilevati con strumenti privi d’invasività come l’elettroencefalogramma. Nei malati di schizofrenia alcuni di questi segnali, implicati nei processi di memoria e attenzione, sono deboli o assenti.Si tratta di manifestazioni che precedono l’insorgere della malattia e che possono prevedere un’accentuazione dei sintomi.

Si è scoperto così che l’attività elettrica definita sleep spindle e le onde lente tipiche del sonno non REM risultano alterate in modo significativo nei familiari, rispetto a soggetti che non abbiano legami di parentela con pazienti schizofrenici: la presenza di queste anomalie in famigliari che non presentano sintomi di malattia ha suggerito una componente genetica del disturbo.

Lo studio è stato svolto presso il Centro di Medicina del sonno, diretto da Maria Paola Canevini dell'ASST Santi Paolo e Carlo, e ha coinvolto anche ricercatori italiani che lavorano nelle Università di Madison-Wisconsin e Pittsburgh negli Stati Uniti.

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