• Platform

    I robot stampati in 3D da Camozzi per monitorare il nuovo ponte di Genova

    Realizzati dalla capofila del progetto IRCRAM 4.0, vincitore della “Call Hub” di Regione Lombardia

    di Redazione Open Innovation | 11/12/2020

Sono in fase di test dallo scorso 11 novembre e possono diventare uno degli elementi più importanti di quello che è il nuovo ponte di Genova, il viadotto San Giorgio, nato in tempo di record dopo la tragedia del 14 agosto 2018. I nuovi robot ad altissima tecnologia scorrono ai lati del nastro d’asfalto e monitorano in modo automatico struttura e di pulizia dei pannelli.

Il progetto è dell’Istituto Italiano di Tecnologia ed è stato realizzato dal Gruppo Camozzi, una delle principali realtà internazionali nello sviluppo di sistemi automatizzati e cyber-fisici per l’industria meccanica, capofila tra l’altro del progetto IRCRAM 4.0, uno dei 33 vincitori di eccellenza del Bando “Call Hub Ricerca e Innovazione” di Regione Lombarda. La soluzione è stata realizzata su commissione dell’associazione temporanea di imprese composta da Seastema e Cetena (Fincantieri).

Per il progetto del Ponte Genova San Giorgio – ha spiegato al Sole 24Ore Dario Ferrarini, Chief Technical Officer della divisione Automation del gruppo – è stata usata “una speciale stampante 3D, la più grande in Europa, che ci ha consentito di realizzare elementi in fibra di carbonio di grandi dimensioni che compongono non soltanto i robot, ma anche i loro sistemi di movimentazione”.

La Camozzi rappresenta un’eccellenza italiana anche grazie al reinvestimento in Ricerca e Sviluppo di circa il 7% del suo fatturato ed esporta l’85% per cento della sua produzione, in particolare soluzioni e macchinari spesso unici, progettati su misura per esigenze estremamente specifiche.

Di recente il Gruppo Camozzi ha stretto inoltre un accordo con il Politecnico di Milano per sviluppare soluzioni riguardanti proprio l’impiego di robot collaborativi, con un sistema di organizzazione del lavoro che gestisce le funzioni per i robot e quelle per gli uomini al lavoro con loro, per ottenere il massimo delle prestazioni. Ferrarini ha spiegato che “l'obiettivo è sviluppare questo tipo di cella ibrida non solo per la nostra produzione, ma anche come soluzione da proporre sul mercato”.

 

CONDIVIDI
I nostri canali social