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Intervista a Luigi Crema, Fondazione Bruno Kessler, vicepresidente H2IT
di Redazione Open Innovation
17 dicembre 2020
Gli obiettivi di decarbonizzazione - e quindi di sostenibilità - dell’Europa non possono essere raggiunti senza un crescente ricorso all’idrogeno.
Questo spiega in questa intervista il professor Luigi Crema, fisico della Fondazione Bruno Kessler (dove coordina l’attività sul tema energia ed è responsabile dell’unità di ricerca ARES – Applied Research on Energy Systems) e vicepresidente H2IT - Associazione Italiana Idrogeno e Celle a Combustibile, che riunisce industria e mondo della ricerca attivi sull’idrogeno promuovendo lo studio delle tecnologie e dei sistemi di produzione per questa risorsa.
Crema ci accompagna alla scoperta dell’idrogeno, dei suoi costi di produzione, dei primi settori in cui potrebbe essere utilizzato in modo importante. In un contesto in cui il nodo energia diventa determinante per la ripresa e lo sviluppo dell’economia post pandemia, nonché per la competitività dell’intera Europa.
Dunque Crema ci racconta strategia, obiettivi concreti e interventi necessari sull’idrogeno da parte dell’Europa. Ma anche quali sono le azioni dell’Italia e come si colloca nella corsa alla produzione e all’utilizzo di quella che sarà una risorsa chiave dapprima della transizione energetica prima, e poi di una possibile rivoluzione energetica all’insegna della sostenibilità.
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Ultimi 3 contributi di 3 totali
Pier Luigi Caffese
18/12/2020 alle 09:54
Superbonus, idrogeno, mobilità sostenibile: cosa c’è di green e finto green o greenwashing nel Recovery Plan.Gli errori del Ministro dello Sviluppo sull'energia. Perchè non si approva il progetto della fabbrica di elettrolizzatori a Napoli al posto dei frigoriferi? Perchè Enea e il Mise sono contro i pompaggi sapendo che i TWh prodotti e parliamo di 2040 TWh fuori rete,servono a H2 verde,chimica verde e R.gas cioe' metano rinnovabile senza emissioni gas serra per cui CCUS è inutile. Perchè il MISE ed ENEA sono contro R.gas sapendo che 104 TWH producono 10 miliardi di m.3 di R.GAS che poi è il TAP e ci sono dei pazzi che chiedono il raddoppio sapendo che 208 TWh producono 20 miliardi di m.3 di R.gas e se vogliamo 100 miliardi di m.3 di R.gas bastano 1040 TWh sui 3.000 TWh del progetto Caffese sui pompaggi del Consorzio Interregionale pompaggi-ricariche-H2verde-chimica verde.con 73 progetti. Nella trasmissione che tempo che fa- RAITV 3-con Fazio-,il Ministro ha fatto alcuni errori rimarchevoli. 1.dire che gli incentivi sul riscaldamento case fanno risparmiare energia è un balla perchè dopo commette l'errore di piazzare quel gas, diciamo risparmiato, nell'idrogeno blu che è solo una partita di giro inquinante.Il Minstro MISE non accenna mai che possiamo produrre in sostituzione dei fossili R.gas e idrogeno verde da elettrolizzatori alimentati da energia dei pompaggi per 3.000 TWh che bilanciano la rete a costo basso contro l'alto costo del gas di 10 volte superiore. 2.l'Italia e la sua industria 5.0 hanno bisogno di elettrizzarsi e di levare gas e carbone e qui il Mise cade come una pera sotto la lobby gas.Non parla mai di produzione cioe' che energia abbiamo bisogno per raggiungere il 55% europeo e non dice nemmeno come modificare il Pniec.Non parla dei 3.000 TWh di pompaggi e si sente solo l'odore di aiutare il gas con l'inutile capacity market,i 59 miliardi di incentivi al fossile e ora l'idrogeno blu fatto con gas negli stessi siti che bocciammo come LNG Hub di gas liquido(3 miliardi buti su proti pericolosi).Oggi l'Italia consuma poco 300 TWh perchè l'industria 5.0 non è elettrizzata.Caffese dice che dobbiamo consumare 960 TWh per elettrizzare reti industriali e riscaldamento(meglio dire caldo-freddo) e lasciare il surplus dei pompaggi 2040 TWh per produrre H2 Verde,R,gas,e tutti i prodotti di chimica verde senza oil/gas.Qui si vede il trucco vero del gas:stiamo sottotraccia e se cresce il consumo elettrico,se blocchiamo i pompaggi,abbiamo gioco a dire di produrre con centrali gas e ancora meglio come dice SEN e Pniec bilanciamo 110 TWh di solare e vento con gas.Questo è il trucco vero che ha poco di scientifico,ma tanto di gabbare dicendo che serve il gas per idrogeno blu e riscaldamento dove cinesi e tedeschi dicono di non usare gas ma per i cinesi nucleare e pompaggi,per i tedeschi vento e solare. 3.L’idrogeno verde diventa sempre più importante e l’Italia deve ritagliarsi un ruolo chiave adesso ma al MISE optano per H2blu con progetti pericolosi e mai testati 4.Dai trasporti al settore chimico, il combustibile derivato dall’acqua sarà uno dei protagonisti in ambito energetico nei prossimi anni. Enel e Snam sono già tra le aziende in prima linea nel settore, ma la politica deve riuscire a garantire standard in linea con gli obiettivi di lungo periodo indicati dall’Unione europea 5.Negli ultimi mesi molte compagnie del settore dei trasporti hanno annunciato di voler investire nel mercato dell’idrogeno. Lo scorso luglio Huyndai aveva firmato un accordo con alcune aziende cinesi per la fornitura di 4mila tir alimentati a idrogeno: un primo passo di un progetto in cui l’azienda coreana prevede di vendere solo in Cina circa 30mila mezzi pesanti a idrogeno entro il 2030. 6.A settembre Airbus aveva annunciato che proverà a sviluppare un aereo a idrogeno nei prossimi cinque anni, nonostante i tanti ostacoli che richiederà la progettazione delle tecnologie. E a inizio dicembre Toyota ha fatto sognare gli amanti delle barche presentando il modulo Rexh2, una soluzione di alimentazione a idrogeno per uso marittimo basato sulla tecnologia delle celle a combustibile sviluppata dalla casa giapponese partendo da una tecnologia ibrida elettrica. 7.Se n’è parlato anche per in Italia: nel 2023 dovrebbe arrivare la prima linea ferroviaria con treni a idrogeno blu e non verde per sostituire quelli diesel nel Sebino e in Valcamonica, nel progetto H2iseO che prevede anche la realizzazione di nuove centrali per la produzione di idrogeno. 8.L’evoluzione che il settore dei trasporti sembra aver messo nel mirino, con l’idrogeno al centro di molti progetti, rientra in un più ampio processo di decarbonizzazione che punta a tagliare le emissioni di CO2. 9.No all'idrogeno blu.Il problema è che ci sono diversi tipi di idrogeno e se non si usa quello verde non può esserci alcuna transizione green». A smorzare l’entusiasmo è il professor Alessandro Abbotto, direttore del dipartimento di Scienza dei Materiali Centro di Ricerca Energia Solare Mib-Solar Università di Milano – Bicocca. «Nel mondo si producono circa 70 milioni di tonnellate l’anno, in forte aumento se consideriamo che nel 2010 erano 50 milioni. Ma gran parte dell’idrogeno che produciamo non è a emissioni zero». 10.L’idrogeno verde è quello prodotto da energia pompaggi solare o eolica. Ma oggi quello maggiormente usato, circa il 95 per cento della produzione di idrogeno, è “grigio”, cioè prodotto da idrocarburi; mentre quello blu, più utilizzato del verde, è più eco-friendly grazie a processi di cattura della CO2. «Il blu può andar bene in una prima fase di transizione, in attesa che il verde sia producibile su grande scala. Ma anche quello può essere inquinante», dice il professor Abbotto. È l’idrogeno verde, prodotto dall’elettrolisi dell’acqua – scindendola in idrogeno e ossigeno – che può diventare un fattore nel raggiungimento degli obiettivi climatici globali di lungo periodo, contribuendo alla decarbonizzazione delle industrie ad alta intensità energetica: aviazione, trasporto marittimo e trasporto pesante, settore chimico.Al momento nei trasporti è un fattore ancora marginale. «Gran parte dell’idrogeno – spiega Abbotto – si usa nei processi di raffinazione del petrolio e per la sintesi dell’ammoniaca, oltre a diversi usi industriali minori come la preparazione del metanolo e in alcune plastiche sintetiche». Il primo lavoro da fare, suggerisce il professor Abbotto, è allontanare l’idea che l’idrogeno di per sé sia pericoloso: «È un gas infiammabile e come tutti i gas infiammabili deve essere utilizzato con attenzione. Ma viene prodotto e utilizzato da decenni. La produzione e la conservazione dell’idrogeno richiedono attenzione al pari del gas metano, la stessa benzina ha una soglia di infiammabilità più bassa». 11.Il vero interrogativo al momento, più che sulla sicurezza, sembra essere quello della capacità di produrne su larga scala. «Dobbiamo migliorare la capacità di conversione: a parità di energia verde si deve poter produrre più idrogeno. Quindi dobbiamo lavorare alla realizzazione di elettrolizzatori ancora più grandi e più efficienti», spiega Abbotto. Aumentare la capacità di produzione deve contribuire anche a un altro cambiamento fondamentale: l’abbassamento dei prezzi. Un recente report stilato da Credit Suisse parlava di costi quasi dimezzati entro dieci anni, da circa 5 a 2,5 dollari al chilo e Caffese con pompaggi è a 0,50-1,50 euro Kg idrogeno verde da pompaggi: «Entreranno in gioco diversi fattori, come per esempio il fatto che il costo del carbonio possa muovere al rialzo il costo dell’idrogeno grigio. Vediamo inoltre una flessione nel mercato dell’elettrolisi, aiutata da progetti pilota di aziende energetiche e servizi di pubblica utilità». 12.Una delle chiavi di lettura più gettonate nel settore è che l’abbassamento dei costi delle rinnovabili e degli elettrolizzatori negli ultimi anni abbiano avuto un ruolo decisivo nella spinta verso la hydrogen economy. «Ad oggi sono cambiati fondamentalmente tre fattori: riduzione rilevante del costo delle rinnovabili; riduzione del costo degli elettrolizzatori grazie anche all’evoluzione tecnologica e un focus crescente sulla necessità di avanzare spediti nel processo di decarbonizzazione. Il terzo aspetto si sta traducendo in policy che stabilizzano il quadro regolatorio, attraendo risorse finanziarie e accelerando ulteriormente il primo e il secondo fenomeno. Molto simile a quanto visto sul solare circa 10-15 anni fa»,Il Consorzio Interregionale Pompaggi diverebbe attore principale nella transizione energetica verso l’idrogeno verde. Nel piano 2021-2025 Italia di Caffese, circa il 50 per cento degli investimenti totali è dedicato a rendere la sua infrastruttura hydrogen-ready, quindi l’ammodernamento dei 1.200 chilometri di rete: «Già oggi oltre il 70 per cento dei tubi dei metanodotti sono pronti a trasportare idrogeno e sono stati definiti degli standard per l’acquisto di componenti esclusivamente hydrogen ready», Sono inoltre previsti l’avvio della conversione di centrali di compressione in ibride gas/elettrico, e la realizzazione della pipeline virtuale in Sardegna con i primi tratti di rete. A inizio dicembre è nata una coalizione globale per sviluppare idrogeno verde: sette grandi aziende del settore – Acwa Power, Cwp Renewables, Envision, Iberdrola, Ørsted, Snam e Yara – hanno annunciato l’avvio di una nuova alleanza per accelerare la scala e la produzione di idrogeno verde di circa 50 volte nei prossimi sei anni e contribuire a decarbonizzare alcuni dei settori a più elevate emissioni di CO2 – la generazione elettrica, l’industria chimica, la produzione di acciaio e la navigazione. «Questa nuova coalizione avrà un ruolo chiave nel favorire una sempre maggiore cooperazione globale e sviluppare i progetti necessari per portare i costi dell’idrogeno sotto la soglia dei 2 dollari al chilogrammo più velocemente delle attese», Il Consorzio giocherà un ruolo fondamentale per l’espansione del mercato dell’idrogeno: ha già annunciato l’intenzione di accrescere la capacità di idrogeno verde a oltre 2 GW entro il 2030. “Choose Renewable Hydrogen” con cui dieci utility europee hanno chiesto alla Commissione europea di dare priorità ai percorsi più efficienti, sostenibili e convenienti per decarbonizzare l’economia dell’Unione e creare posti di lavoro, puntando su rinnovabili, elettrificazione e – nei settori più difficili da decarbonizzare – valorizzare il ruolo chiave dell’idrogeno rinnovabile come soluzione economica e sostenibile. L’azienda si è anche dotata di una Business unit dedicata allo sviluppo e alla gestione di tutti i progetti che riguarderanno l’idrogeno verde: la “Hydrogen Business Unit”. Si fa notare che «pur non essendo un’alternativa all’elettrificazione da pompaggi , che rimane la via più economica e semplice per decarbonizzare, l’idrogeno verde rappresenta un complemento di questo processo, una delle soluzioni energetiche più promettenti, convenienti e sostenibili per abbattere le emissioni della quota restante».Ad esempio in Italia tra il 25 e il 30 per cento delle ferrovie non sono sono elettrificate, ma alcuni territori sono morfologicamente difficili elettrificare, come la Sardegna: in quel caso l’idrogeno verde può offrire soluzioni ecosostenibili per la sostituzione dei convogli green. Ma la politica deve cambiare l’ultimo “Piano nazionale integrato energia e clima” (Pniec) sono individuati obiettivi relativi alla crescita delle rinnovabili e alla decarbonizzazione, con un ruolo importante giocato proprio dall’idrogeno. In particolare, a metà novembre, il ministero dello sviluppo economico ha recentemente adottato il documento “Strategia nazionale dell’idrogeno – Linee guida preliminari” in cui si pone l’obiettivo di investire 10 miliardi di euro nel settore; soddisfare il 2 per cento della domanda finale di energia al 2030 (con prospettiva del 20 per cento al 2050) con l’idrogeno; alimentare i nuovi elettrolizzatori sia con nuova capacità rinnovabile sia con capacità rinnovabile esistente (idrogeno verde). «La transizione ecologica è dietro l’angolo e i suoi assi portanti saranno le rinnovabili, l’efficienza, l’innovazione tecnologica. La vicepresidente della commissione Ambiente e territorio della Camera Rossella Muroni.«Per noi diventa fondamentale presidiare la parte tecnologica. Anche perché abbiamo già un bel vantaggio come Paese: quello geograficocon i pompaggi , e in Italia stessa si può produrre energia solare che serve per fare l’idrogeno verde. L’Italia non può non avere un ruolo di primo piano: abbiamo già un’infrastruttura per il trasporto, la rete del gas, che può essere trasformata per il trasporto dell’idrogeno. La grande sfida oggi è legata perlopiù al processo di individuazione di strumenti giusti per accompagnare nella transizione le imprese; stiamo parlando di passaggi che riguardano il digitale, la tecnologia, e naturalmente il procedere dello sviluppo sostenibile», spiega Muroni. I progetti dell’Italia servono per provare a tenere il Paese in scia degli altri Stati membri dell’Unione europea, le cui istituzioni hanno già dimostrato di voler assumere un ruolo centrale a livello globale nella hydrogen economy. Lo scorso luglio la Commissione europea ha delineato la sua “Hydrogen strategy” come volano fondamentale per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050: l’idrogeno verde – così come i biocarburanti e i biogas sostenibili – sarà proprio il pilastro che reggerà la transizione soprattutto nei settori difficili da elettrificare. «La priorità è sviluppare l’idrogeno rinnovabile, ma nel breve e nel medio periodo servono altre forme di idrogeno a basse emissioni di carbonio per ridurre rapidamente le emissioni e sostenere la creazione di un mercato redditizio», si legge nella nota della Commissione dello scorso luglio. La Commissaria per l’Energia Kadri Simson aveva detto: «Considerato che il 75 per cento delle emissioni di gas serra dell’Unione viene dal settore dell’energia, abbiamo bisogno di un cambio di paradigma per raggiungere i traguardi che ci siamo fissati per il 2030 e il 2050. Ora che il calo dei prezzi dell’energia rinnovabile lo rendono un’opzione praticabile per un’economia climaticamente neutra, l’idrogeno svolgerà un ruolo chiave». In tutto il mondo il mercato dell’idrogeno è in grande espansione e si prevede che nei prossimi anni gli investimenti pubblici e privati possano moltiplicarsi esponenzialmente per velocizzare l’innovazione dei sistemi energetici, da cui deriveranno nuove opportunità di creazione di valore per gli operatori lungo l’intera filiera. Lo scorso novembre la cinese Sinopec ha annunciato l’intenzione di redistribuire le risorse in questo settore: una dichiarazione che rientra nel più grande progetto del Dragone annunciato da Xi Jinping a settembre sull’intenzione di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060. Allo stesso modo Giappone e Australia hanno appena firmato un nuovo patto per diventare le prime super potenze in termini di gestione e produzione di idrogeno: un consorzio nippo-australiano inizierà a produrre idrogeno – però idrogeno derivante dalla lignite – in un progetto pilota da 500 milioni di dollari australiani (370 milioni di dollari) che è considerato il primo passo nella creazione di catene di approvvigionamento di energia a emissioni zero a livello mondiale. Ovunque l’idrogeno sembra destinato a diventare una risorsa fondamentale nel breve, medio o lungo periodo nei piani energetici nazionali: non è difficile immaginare un futuro in cui sarà una delle risorse più ambite in assoluto. Ma, come spiega ancora l’onorevole Muroni, la concorrenza, almeno per il momento, non dovrebbe dare problemi all’Italia né all’Unione europea, né ad altri attori. Anzi, potrebbe aiutare a creare vantaggi di scala per tutti. «È vero – dice – che è importante arrivare in tempo, e chi occuperà per primo quello spazio avrà un significativo beneficio per il futuro. Ma all’idrogeno sono interessati aziende petrolifere, chimiche, elettriche, e via discorrendo. È un segnale positivo dal punto di vista ambientale. Ed è anche un settore che si presta molto alla collaborazione internazionale. Anzi, proprio dalla cooperazione tra grandi Paesi si possono avere risultati soddisfacenti per tutti. Le parole chiave, a tutte le latitudini, diventano investimenti e tecnologia». Gravi errori Eni .Secondo Stanford non è vera la minore intensità di carbonio del gas naturale in quanto bruciato in centrali gas si equipara con le emissioni carbone e non è vero che produce la metà delle emissioni del carbone quando viene bruciato nelle centrali elettriche l'emergere di nuove tecnologie come l'idrogeno verde non stanno distinguendo il gas dagli altri combustibili fossili nella transizione verso l'energia pulita perchè nell'idrogeno blu il gas inqina,ha delle fuoriuscite pericolose(spillover) che possono provocare morti ,subsidenze e terremoti.
CRISTIAN TAVELLA
18/12/2020 alle 09:08
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Pier Luigi Caffese
30/12/2020 alle 11:09
In Italia i petrolieri tendono a zuccherare la CO2 e non dire nulla sulle emissioni metano ,tanto che siamo i pochi al mondo a sviluppare idrogeno blu con gas per importarlo forse 60 anni ancora.L'anidride carbonica è un potente gas serra da 9 milioni di morti nel mondo e il gas serra metano provoca 4,5 milioni di mori del mondo.Dire che la CO2 ed il metano sono essenziali e' una menzogna.Oggi possiamo sostituire tutti i prodotti fossili OIL/Metano/carbone con la materia prima elettricità' che entra in chimica verde e puo' produrre tutti i prodotti della chimica fossile. Il progetto Eni Ravenna non è solo un progetto CCS cioe' di nascondere nel sottosuolo la CO2 ma è un progetto CCUS per produrre idrogeno blu immettendo gas-metano fossile. Il CCS geo è stato condannato dalla Commissione Europea e Parlamento perchè i progetti si sono dimostrati inutili,costosi e non sicuri,dato il pericolo delle perdite di gas. Se si leggono le carte Eni dicono che usano sistemi di raffredamento criologici poco testati che sinora hanno avuto pessimi riscontri tanto che consigliamo come progettisti altri sistemi cinesi. Ma una cosa è pulire l'acciaio pasando a sistemi idrogeno da noi consigliati all'Ilva di Taranto per eliminare le emissioni cancerose,altra cosa e' mettere assieme 2 tecnologie come CCS geo+ SMR per produrre H2 blu che è il vero scopo del progetto Ravenna solo per far vendere gas Cosa doveva scrive Eni:il termine 'CCS' è usato per riferirsi alle catene del valore di cattura e stoccaggio di CO 2 che non includono alcun utilizzo di CO 2 , mentre il termine 'CCUS' si riferisce a catene del valore che possono coinvolgere l'utilizzo e / o lo stoccaggio in vari combinazioni. Nonostante il suo potenziale promettente, CCUS rimane una tecnologia pre-commerciale nella maggior parte dei settori e manca ancora di un modello di business praticabile per incentivare il settore privato a investire nella tecnologia e nelle infrastrutture richieste. Ciò è particolarmente vero per la CCUS industriale (ovvero la CCUS distribuita nel settore industriale in contrapposizione al settore energetico) poiché la conoscenza tecnologica pertinente esiste prevalentemente in altri settori come la generazione di energia, il trattamento del gas naturale e la produzione di idrogeno ( cattura di CO 2 ) e settori del petrolio e del gas ( stoccaggio di CO 2 ), con le principali opportunità di cattura del carbonio nel settore energetico.I combustibili fossili erano la principale fonte di approvvigionamento di energia e materie prime per le industrie elettriche, dell'acciaio, del cemento e petrolchimiche, le emissioni dirette e indirette del settore industriale non energetico hanno rappresentato 14,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (tCO 2 ) nel 2015 , equivalente al 30% delle emissioni antropiche totali di CO 2 [ 8 ].Ma oggi sono sostituibili con TWh elettrici da pompaggi applicando formule di chimica verde. Essendo L'industria pesante uno dei più grandi sottosettori industriali per emissioni complessive, secondo solo al cemento, l'industria siderurgica continua a dipendere fortemente dal consumo di combustibili fossili - in particolare dal consumo di carbone - ed emette quantità significative di CO 2 nell'atmosfera [ 9 ]. Secondo la World Steel Association [ 10], l'industria siderurgica oggi contribuisce tra il 7% e il 9% delle emissioni dirette derivanti dall'uso globale di combustibili fossili e l'unico sistema per eliminarle e' immettere idrogeno verde. Esiste una serie di opzioni per ridurre l'impronta di carbonio della produzione di acciaio, compresi il cambio di combustibile, miglioramenti dell'efficienza energetica, la riduzione della produzione complessiva e l'adozione di percorsi di produzione che richiedono meno energia [ 11 , 12 ]. Tuttavia, diversi studi [ 13 , 14 , 15 ] hanno concluso che la possibilità di ridurre le emissioni tramite queste misure rimane preliminare vedi legge tedesche e che le tecnologie "rivoluzionarie" come CCUS non sono indispensabili per raggiungere gli obiettivi internazionali di riduzione delle emissioni di CO 2 [ 3]. Per consentire alla CCUS di realizzare il suo potenziale di decarbonizzazione, sono necessari sia modelli di business solidi che meccanismi di supporto finanziario affidabili per incentivare i primi progetti e guidare la riduzione dei costi e dei rischi. Tuttavia, vi è un consenso generale sul fatto che la mancanza di modelli di business consolidati è il primo tra i diversi motivi fondamentali che ostacolano l'introduzione di applicazioni CCUS all'interno di grandi industrie come l'acciaio e il cemento [ 16 , 17 , 18 , 19 , 20 , 21 ]. Nonostante la sua evidente importanza, la ricerca sui modelli di business CCUS, sia nel settore energetico che industriale (e in particolare nel settore siderurgico), rimane molto limitata [ 22 ]. Esiste un divario di conoscenze nell'identificare gli elementi più importanti che guidano il successo nei modelli di business CCUS industriali e solo di recente (estate 2019) il CCUS Advisory Group (CAG) del governo britannico ha pubblicato un rapporto che esplora i modelli di business che consentono il lancio di CCUS in diversi settori, compreso l'acciaio [ 23 ]. Ciò è stato integrato da una consultazione delle parti interessate del settore da parte del Dipartimento britannico per le imprese, l'energia e la strategia industriale (BEIS) (che termina a settembre 2019) [ 24 ]. Environmental risks 5.21 Carbon dioxide is part of the atmosphere we breathe and is essential to all life forms. It is odourless and non-toxic. However, as it is denser than air, if it accumulates in low-lying areas in high concentrations then it can prove harmful to humans and animals.17 5.22 The most substantial risk associated with CCS is the leakage of CO2 from storage sites. While there is some experience with geological storage of CO2 and natural gas for periods of approximately 10-20 years, long term storage over many hundreds or thousands of years 13 Greenpeace Australia Pacific, Submission No. 15, p. 12. 14 Greenpeace Australia Pacific, Submission No. 15, p. 12-13. 15 Friends of the Earth Australia, Submission No. 13, p. 4. 16 A. Matysek, M. Ford, G. Jakeman, A. Gurney, and B. S. Fisher, Technology: Its role in economic development and climate change, ABARE Research Report 06.6, Canberra, July 2006, pp. 100-101. 17 Australian Government, Submission No. 41, p. 28. 60 BETWEEN A ROCK AND A HARD PLACE has not been proven.18 However, as argued by CSIRO, the ongoing study of naturally occurring underground accumulations of CO2 has increased knowledge and confidence in the viability of CO2 storage.19 5.23 The IPCC Special Report on CCS suggests that the environmental risks associated with CO2 capture and storage are low. As the IPCC stated: …well-selected geological formations are likely to retain over 99% of their storage over a period of 1,000 years. Overall, the risks of CO2 storage are comparable to the risks in similar existing industrial operations such as underground naturalgas storage and [EOR].20 5.24 Furthermore, according to many submissions, the safety, health and environmental risks associated with CCS are similar to, or less than, those already experienced in the oil and gas industry.21 5.25 Nevertheless, concerns have been expressed regarding the long term storage of CO2. Two types of CO2 leakage that may occur are: „ abrupt leakage through injection well failure or leakage up an abandoned well; and „ gradual leakage, through undetected faults, fractures or wells. 22 Abrupt leakage 5.26 Abrupt or catastrophic leaks of CO2 could have serious consequences to the environment, potentially causing the death of humans and animals.23 Leakages have been known to occur naturally, such as at Lake Nyos in Cameroon in 1986.24 18 TRUenergy, Submission No. 17, p. 1; Country Women’s Association of NSW, Submission No. 6, p. 2; Friends of the Earth Australia, Submission No. 13, p. 7. 19 CSIRO, Submission No. 10, p. 2. 20 United Nations Environmental Programme (UNEP), Can carbon dioxide storage help cut greenhouse emissions? A Simplified guide to the IPCC’s ‘Special report on carbon dioxide capture and storage’, April 2006, p. 15. 21 Anglo Coal, Submission No. 24, p. 21; Rio Tinto, Submission No. 31, p. 4; National Generators Forum, Submission No. 35, p. 4. 22 Australian Government, Submission No. 41, p. 15. 23 Friends of the Earth Australia, Submission No. 13, p. 6; Australian Government, Submission No. 41, p. 15. 24 Below Lake Nyos lies a pocket of magma that leaks CO2 into the waters. In August 1986, a large amount of CO2 was emitted from the lake, suffocating approximately 1 700 people and 3 500 livestock living within 25 kilometres of the site. Dr D. Maddison, Submission No. 11, p. 2. THE ENVIRONMENTAL BENEFITS AND RISKS OF CCS AND PUBLIC PERCEPTION 61 5.27 There is the potential for CO2 that is sequestered as part of the CCS processes to leak from storage points. Such leakage could occur if the well seal at the point of storage failed thereby resulting in the release of sequestered CO2. 5.28 Evidence to the Committee from Greenpeace and the Australian Government also suggested that pressure built up by injected CO2 could trigger small seismic events.25 5.29 In his submission Dr Maddison also raised potential risks associated with CCS, stating that: carbon dioxide sequestration is poorly conceived, cannot guarantee sequestration of gas forever as is necessary and has potential for great harm due to accidental or deliberate release.26 5.30 It has been suggested that CO2 storage sites may become potential terrorist targets or that failure of the seal could result in catastrophic release. Greenpeace points out that concentration of CO2 greater than 7-10 per cent by volume in the air puts the lives and health of people in the vicinity in immediate danger.27 5.31 However, evidence suggests that if storage sites are carefully selected, the chances of a catastrophic leak would be minimal. Current demonstration projects, such as the Otway Demonstration Project, extend understanding of the scientific processes and risk minimisation associated with the selection, sequestration and monitoring of CO2 in an Australian context. Gradual leakage 5.32 Gradual leakage could occur as a result of incorrect site selection and inadequate preparation.28 This leakage would compromise the initial objective of removing the CO2 from the atmosphere. 5.33 Other dangers associated with gradual leakage have also been highlighted. According to the International Association of Hydrogeologists, CCS is a potential environmental risk to overlying fresh groundwater resources and therefore CCS should only be 25 Greenpeace Australia Pacific, Submission No. 15, p. 16; Australian Government, Submission No. 41, p. 15. 26 Dr D. Maddison, Submission No. 11, p. 2. 27 Greenpeace Australia Pacific, Submission No. 15, p. 16 28 Greenpeace Australia Pacific, Submission No. 15, p. 16. 62 BETWEEN A ROCK AND A HARD PLACE considered in geological formations which are not potential groundwater resources i.e. aquifers which are not connected with active groundwater flow systems.29 5.34 In terms of assessing the probability of leakage and escape of CO2, Greenpeace points out that little is known about the behaviour of large quantities of CO2. Greenpeace suggests that, because of the complex geology of each individual storage site, evaluation can only be conducted on a case by case basis. 5.35 Greenpeace states that storing CO2 underground can dissolve the minerals that help stop the gas from escaping. The results from tests that injected CO2 into saline aquifers in Texas showed that sequestration made aquifer water more acidic. This acidity attacked the surrounding rock formations, causing them to dissolve and thereby potentially allowing the gas to leak into the water table.30 5.36 In his evidence, Dr Maddison expresses similar concerns regarding potential leakage. He contends that there may be problems associated with the use of depleted gas fields, including rocks cracking as gas is removed causing structural changes which may result in the rock structure no longer being able to hold their contents for long periods of time. Furthermore, problems also exist in association with the repressurising of rocks when injecting CO2 and the integrity of the well plug. Dr Maddison states that ‘there is no proof that once a field is filled with carbon dioxide, the plug can or will remain intact over the rest of time.’31..I meiei Report. Idrogeno, mobilità sostenibile,greenwashing. Green Hydrogen contre blu CCUS H.