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11/10/2022

Zootecnia e sostenibilità: quando automazione fa rima con razione

Massimo Brambilla

Massimo Brambilla

Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA), Unità di Ricerca per l'Ingegneria Agraria, Laboratorio di Treviglio

Le trasformazioni cui il settore dell’allevamento bovino è andato incontro negli anni hanno comportato una significativa riduzione del numero di aziende attive sul territorio italiano compensato da un altrettanto significativo aumento della dimensione media della mandria. La disponibilità di strumenti digitali e di un adeguato livello di automazione delle operazioni di allevamento rende possibile all’allevatore di gestire al meglio le esigenze degli animali per rispondere ai mutamenti quantitativi e, soprattutto, qualitativi della domanda alimentare.

Con il progetto AUTOFEED, il partenariato guidato dalla sede di Treviglio del Centro di ricerca Ingegneria e Trasformazioni agroalimentari ha, fra i vari obiettivi, quello di descrivere il ruolo che i sistemi per l’automazione della razione unifeed hanno nel miglioramento della sostenibilità delle produzioni bovine.

 

L’IMPORTANZA DELLA RAZIONE E L’IMPEGNO RICHIESTO

Alimentare bene gli animali è fondamentale: in primis, perché influenza in modo diretto il loro stato di salute e, di conseguenza, la qualità delle produzioni; in saecundis (ma parimenti importante), perché richiede impegni di manodopera e di energia tali da avere una grande influenza sulle attività che quotidianamente devono essere svolte in allevamento.

Attualmente, la tecnica di razionamento maggiormente utilizzata è quella dell’unifeed o piatto unico: essa prevede la somministrazione agli animali di un alimento completamente miscelato che contiene tutti i principi nutrizionali di cui gli animali hanno bisogno. In condizioni ordinarie, la distribuzione dell’alimento è svolta due volte al giorno (di primo mattino e alla sera) e richiede la preliminare preparazione degli ingredienti, il loro caricamento nel carro miscelatore, la pulizia della greppia, la distribuzione dell’alimento completamente miscelato e, fra una distribuzione e l’altra, il periodico riavvicinamento della razione che le bovine smuovono con la loro opera di selezione. Tutto questo può richiedere fino al 30% delle ore lavorate in un giorno.

 

IL SOCCORSO DELLA TECNOLOGIA

I sistemi spingi-foraggio automatici sono stati i primi ausili che l’automazione zootecnica ha messo a disposizione degli allevatori: tali macchine entrano in azione fra una distribuzione di alimento e l’altra percorrendo la corsia di alimentazione riavvicinando alla greppia l’alimento utilizzando, per lo più, sistemi a tamburo oppure a coclea.

Successivamente, la ricerca ha messo a punto dei veri e propri sistemi automatici di distribuzione (Automatic Feeding Systems – AFS) ad alimentazione elettrica che, oltre ad assolvere al ruolo di spingi-foraggio, possono “occuparsi” anche della preparazione e della distribuzione dell’alimento agli animali. Questi sistemi, chiamati anche “robot di alimentazione”, sono in genere costituiti da una cucina (in cui avviene la preparazione dell’alimento, sempre in modo automatico e quindi con un’importante riduzione dell’errore di pesatura che può essere commesso anche dai più esperti) e da un vagone (distributore oppure miscelatore-distributore) che distribuisce l’alimento agli animali facendo più corse nella giornata (si può arrivare fino a 12 e più distribuzioni al giorno) così da rendere disponibile in greppia un alimento sempre fresco. La grande versatilità di allestimento di questi sistemi ne permette l’inserimento anche in contesti produttivi marginali o sottoposti a vincolo (ad es. in montagna).

 

LE RICADUTE

Il supporto che i “robot di alimentazione” danno alla sostenibilità economica, ambientale, e sociale delle produzioni zootecniche deriva dal fatto che tali dispositivi (di qualsiasi tipologia) permettono di migliorare l’efficienza energetica dell’azienda (come conseguenza della maggiore efficienza dei motori elettrici e della riduzione degli avanzi in mangiatoia) quella ambientale (come conseguenza del minore uso di combustibile fossile e del migliorato livello di benessere che gli animali raggiungono) e, non meno importante, permettono di modificare il carico di lavoro degli operatori verso ruoli più gestionali e manageriali legati all’osservazione diretta degli animali.

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