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20/06/2025

Laureati e lavoro: più tempi indeterminati, resta il mismatch sulle competenze

Scopri il Rapporto AlmaLaurea 2025. STEM: poche laureate donne, il 10% dei laureati va all’estero

Redazione Open Innovation

Contratti a tempo indeterminato e retribuzioni in aumento, anche se queste ultime sono ancora inferiori a quelle estere, per i laureati italiani entrati nel mondo del lavoro. Un altro dato che spicca è però che un terzo di loro, a un anno dalla laurea, svolge un lavoro per cui il titolo di laurea non è formalmente richiesto. E ancora: ben il 10% dei laureati STEM va a lavorare all’estero. Un elemento che impoverisce ulteriormente il quadro delle competenze in materie scientifiche e tecnologiche del nostro Paese.

Ecco alcuni dei punti salienti emersi dal XXVII Rapporto AlmaLaurea - il Consorzio Interuniversitario che a oggi rappresenta 82 Atenei italiani - sul Profilo e sulla Condizione occupazionale dei laureati. Presentato all’Università degli Studi di Brescia lo scorso 10 giugno, nell’ambito del convegno “Laureati e lavoro nel prisma del mismatch”, il Rapporto ha coinvolto oltre 305 mila laureati del 2024 di 80 atenei, per quel che riguarda il Profilo dei Laureati, e 690 mila laureati di 81 atenei - a uno, tre e cinque anni dal conseguimento della laurea - nell’analisi della Condizione occupazionale dei laureati.

Il mismatch tra competenze e loro utilizzo

I dati AlmaLaurea 2025 evidenziano che il disallineamento tra formazione universitaria e mercato del lavoro riflette molteplici variabili: dalla domanda e offerta di lavoro all’origine sociale dei laureati, alle differenze di genere, fino alla selettività operata dagli stessi laureati. 

Rilevando i disallineamenti nell’utilizzo, nel lavoro svolto, delle competenze acquisite all’università e del titolo di laurea, i dati di AlmaLaurea evidenziano che tra gli occupati a un anno dal conseguimento del titolo oltre il 30% non utilizza in misura elevata le competenze acquisite all’università e svolge un lavoro per cui il titolo di laurea non è formalmente richiesto: è il 39,3% tra i laureati di primo livello e il 31,9% tra quelli di secondo livello.

A cinque anni dal conseguimento del titolo la consistenza del fenomeno di disallineamento diminuisce, ma continua a coinvolgere almeno un quarto degli occupati: 32,5% tra i laureati di primo livello e 25,4% tra quelli di secondo livello.

Questioni di genere: poche le laureate STEM

Rispetto al genere, le donne svolgono in misura relativamente maggiore lavori per cui è richiesto formalmente il titolo di laurea ma nei quali non si fa un utilizzo elevato delle competenze acquisite durante gli studi.

Oltre la metà dei laureati in Italia è donna: nel 2024 è il 59,9%, quota tendenzialmente stabile negli ultimi dieci anni. Le donne hanno un’incidenza più alta nei corsi magistrali a ciclo unico: 69,4% rispetto al 57,8% nei magistrali biennali e al 59,4% nei corsi di primo livello.

Nel 2024 le donne rappresentano il 41,1% dei laureati nelle discipline STEM (science, technology, engineering, mathematics), quota che è rimasta ferma dal 2014.

Occupazione in aumento, soprattutto a un anno

Il tasso di occupazione a un anno dal conseguimento del titolo raggiunge il valore più elevato dell’ultimo decennio, pari a 78,6% sia tra i laureati di primo livello sia tra i laureati di secondo livello (+4,5 e +2,9% rispetto al 2023).

Aumento dei contratti a tempo indeterminato

Le forme di lavoro più diffuse, tra i laureati occupati a un anno dal titolo, sono i contratti alle dipendenze a tempo indeterminato (39,5% tra gli occupati di primo livello e 29,8% tra quelli di secondo livello), i contratti a tempo determinato (28,0% e 23,6%, rispettivamente) e i contratti formativi (15,3% e 22,3%, rispettivamente).

Il confronto con le rilevazioni degli anni precedenti evidenzia, per entrambi i collettivi presi in esame, l’aumento dei contratti a tempo indeterminato (rispetto alla rilevazione del 2023, +4,6% per i laureati di primo livello e +3,3% per quelli di secondo livello).

A cinque anni dal conseguimento del titolo, la quota di chi è assunto con un contratto a tempo indeterminato supera la metà degli occupati e raggiunge addirittura il 73,9% tra i laureati di primo livello e il 54,6% tra quelli di secondo livello.

Le retribuzioni

A un anno dal titolo, la retribuzione mensile netta è, in media, pari a 1.492 euro per i laureati di primo livello e a 1.488 euro per i laureati di secondo livello, in aumento, in termini reali, del 6,9% per i laureati di primo livello e del 3,1% per quelli di secondo livello rispetto al 2023.

A cinque anni dal conseguimento del titolo la retribuzione mensile netta è pari a 1.770 euro per i laureati di primo livello e a 1.847 euro per quelli di secondo livello; anche in tal caso, tali valori figurano in aumento, in termini reali, rispetto all’analoga rilevazione del 2023: +2,9% per i laureati di primo livello e +3,6% per quelli di secondo livello.

Nonostante i dati mostrino un miglioramento sul fronte retributivo è interessante rilevare che oltre il 30% degli occupati ritiene la propria retribuzione poco o per niente adeguata rispetto alla professione e al ruolo che ricopre: a un anno dalla laurea tale quota è pari al 31,5% tra i laureati di primo livello e al 35,0% tra quelli di secondo livello. Le tendenze evidenziate sono sostanzialmente confermate anche dopo cinque anni dal conseguimento del titolo universitario. Il tema delle retribuzioni porta ad approfondire il fenomeno del lavoro all’estero, poiché la scelta di lavorare fuori dall’Italia è spesso legata alle migliori opportunità economiche offerte all’estero.

Lavoro all’estero: lo sceglie il 10% dei laureati STEM 

Tra i laureati di secondo livello con cittadinanza italiana, il lavoro all’estero riguarda il 4,1% degli occupati a un anno dalla laurea e il 4,6% degli occupati a cinque anni.

La propensione a lavorare all’estero riguarda in misura maggiore gli uomini (4,7% a un anno e 5,6% a cinque anni) rispetto alle donne (3,7% e 3,8%, rispettivamente) e i laureati più brillanti (in particolare in termini di voti negli esami e di regolarità negli studi).

A lavorare all’estero sono soprattutto i laureati dei gruppi disciplinari informatica e tecnologie ICT (5,6% tra gli occupati a un anno e 11,3% tra quelli a cinque anni), di area cientifica (8,2% e 10,3%), linguistico (8,6% e 7,7%, rispettivamente), nonché i laureati del gruppo politico-sociale e comunicazione (5,8% e 7,6%) e ingegneria industriale e dell’informazione (5,6% e 8,2%).

Le retribuzioni medie percepite all’estero sono notevolmente superiori a quelle degli occupati in Italia: a un anno dalla laurea superano i 2.200 euro mensili netti, +54,2% rispetto a quelle di chi è rimasto in Italia, che non raggiungono i 1.500 euro. A cinque anni dalla laurea le retribuzioni sfiorano i 2.900 euro per gli occupati all’estero, +61,7% rispetto ai quasi 1.800 euro degli occupati in Italia.

Consulta il Rapporto completo 2025 sulla Condizione occupazionale dei Laureati.

 

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