• Lombardia 2030

    “Progetto 62, il design per la sostenibilità nel tessile di alta gamma”

    Su Lombardia 2030 l’iniziativa di Colombo Industrie Tessili che dà nuova vita a rimanenze e ‘scarti’

    di Redazione Open Innovation | 21/04/2021

La creatività di un designer armeno, l’esperienza maturata al Politecnico di Milano, la tradizione e la capacità di innovare di uno storico gruppo tessile del Comasco, insieme per portare in azienda la sostenibilità “a 360 gradi”.

Questo il mix di competenze che nella primavera 2020 ha fatto maturare il Progetto 62 - esempio di slow fashion e di pratiche di economia circolare - all’interno della Colombo Industrie Tessili S.r.l., gruppo articolato in tre divisioni e attivo per molti tra i più importanti marchi internazionali. Con l’obiettivo concreto, ad esempio, di ridare nuova vita creativa a scarti industriali e rimanenze di magazzino, da riutilizzare nella fattura di tessuti di alta gamma.

La sfida del Progetto 62 è però più ampia e declina diversi dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030: l’iniziativa rientra allora tra quelle presentate su Lombardia 2030, la sezione di questa piattaforma dedicata da Regione Lombardia a progetti di sostenibilità ambientale, economica e sociale sul territorio.

Il lockdown e un modo diverso di progettare la produzione

La nuova tappa dello sviluppo della Colombo Industrie Tessili prende dunque corpo lo scorso anno, proprio durante il lockdown: del resto “storicamente i cambiamenti più radicali vengono portati avanti in situazioni critiche” osserva Arman Avetikyan, 31enne armeno chiamato a guidare questa nuova sfida come Direttore creativo. Di quei giorni ricorda “le prime riunioni con i colleghi, sempre on line: un momento complesso e difficile che però ci ha anche aiutato a cambiare il nostro modo di pensare, e quindi a progettare diversamente il prodotto finale”.

Laureato in Architettura in Russia, Avetikyan studia Fashion Design al Politecnico di Milano; l’ingresso alla Colombo arriva dopo un’esperienza per un più che celebre nome dell’alta moda e un riconoscimento come giovane talento. I fratelli Stefano (Presidente) e Massimo (AD) Colombo, da vent’anni alla guida dell’azienda di famiglia, gli chiedono di portare uno sguardo nuovo per rivedere l’intera filosofia di produzione nell’ottica appunto di una sostenibilità diffusa, non limitata insomma ad alcuni prodotti.

Giovani designer, piccoli artigiani, economia circolare

In azienda, il designer guarda anzitutto alle rimanenze di tessuti e filati in magazzino e agli scarti della produzione industriale. Gli obiettivi sono recupero e riuso: due parole d’ordine dell’economia circolare e in questo caso dello slow fashion, una moda etica perché sostenibile, ‘esclusiva’ perché costruita intorno a prodotti di qualità resi unici attraverso nuove funzioni e utilizzi. “Da qui è nato il progetto Palindromo, che ‘rovescia’ la direzione della produzione e utilizza in modo diverso quello che giaceva inutilizzato”, spiega dunque Avetikyan. Due le strade scelte, guardando insieme a tradizione e innovazione.

Le rimanenze e i tessuti d’archivio diventano la base per nuovi progetti con giovani designer, per creare capsule collection sostenibili: “Ne abbiamo prodotte già due e ora siamo al lavoro sulla terza”, racconta entusiasta Avetikyan. L’altro percorso battuto è quello delle collaborazioni con piccole realtà artigianali: articoli di magazzino vengono recuperati come materia prima e affidati a un laboratorio di ricamo di Reggio Emilia, già partner di grandi brand della moda, che li trasforma in rinnovati tessuti di pregio.

E ancora, Avetikyan propone di riutilizzare anche la falsa cimosa, che è la parte di tessuto tagliato durante la lavorazione in genere gettata come rifiuto: ma “se il tessuto è cachemire o seta, anche questo scarto di fatto è materiale pregiato. Da qui l’idea di usarlo ancora, grazie al contributo delle poche famiglie che ancora producono i ‘pezzotti’, tappeti cuciti con vecchi stracci o vestiti: un esempio classico di riuso e vero ‘patrimonio’ culturale della Valtellina”. Gli scarti vanno così a comporre tappeti o gadget di vario tipo.

Un laboratorio creativo

Il Progetto 62 vuole essere insomma un ‘laboratorio’ di nuove iniziative creative improntate all’attenzione all’impatto ambientale del settore. L’obiettivo complessivo è quello di realizzare un “green commitment” a tutti i livelli della produzione, dalla tessitura alla tintura - questo il passaggio a cui si sta lavorando -, per arrivare al finissaggio con cui si migliorano le caratteristiche dei tessuti.

La Colombo Industrie Tessili ha già ottenuto la certificazione internazionale GOTS (Global Organic Textile Standard) per la produzione sostenibile di tessuti da fibre naturali e la certificazione FSC (Forest Stewardship Council) che ha come scopo la corretta gestione forestale e la tracciabilità dei prodotti derivati.

Progetto 62 punta poi su una forte componente di innovazione, anche grazie a partnership per la creazione di trattamenti all’avanguardia sui tessuti.

Innovare per crescere

L’azienda peraltro è abituata a cambiare pelle, a innovarsi per restare al passo. Nata nel 1962 a San Fermo della Battaglia, provincia di Como, da Piero Colombo e dalla moglie Anita, a fine anni ‘70 raddoppia la capacità produttiva ed entra nel mercato dei confezionisti; gli Ottanta vedono il trasferimento nell’attuale sede di Fino Mornasco, quindi nel 2008 la trasformazione nel Gruppo Colombo con l’acquisizione del marchio di tessuti tecnici Its-Artea e, nel 2012, della Mario Boselli Jersey rivolta al mercato del lusso. Una storia di radicamento sul territorio, quella della Colombo, di rinnovamento e oggi appunto di sostenibilità.

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