• Lombardia 2030

    “Nei negozi ZeroPerCento cibo etico, lavoro per chi ha disabilità, zerowaste”

    Su Lombardia 2030: dal primo spazio a Niguarda, presidio sociale, al secondo di tutto sfuso in Sarpi

    di Redazione Open Innovation | 14/04/2021

Un negozio in cui tutto ha un valore diverso: con cibo e prodotti di qualità da piccoli agricoltori a chilometro zero o da cooperative sociali, venduti da persone con disabilità che qui fanno esperienza per poi trovare lavoro anche altrove.

Questo sognava Teresa Scorza, e questo ha realizzato con il progetto “ZeroPerCento”: la “bottega etica” che prima ha rianimato una via popolare del quartiere Niguarda, nella periferia nord di Milano, poi nell’anno della pandemia ha raddoppiato con un secondo negozio in zona Sarpi.

Il progetto portato avanti da questa trentenne sposa diversi degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030, e per questo è ospitato nella sezione Lombardia 2030 di questa piattaforma, dedicata proprie alle iniziative in linea con i 17 SDGs.

La storia di “ZeroPerCento” parte nel 2016, quando il progetto gestito dalla coop sociale onlus Namastè si aggiudica la gestione di uno spazio comunale in via Padre Luigi Monti 24/a, nella zona 9. A settembre del 2017, Teresa - come rappresentante legale e presidente di Namastè - con la collega Paola Maisto (vicepresidente) apre la bottega etica, avviata grazie anche a un crowdfunding e con il sostegno di Comune di Milano e di Regione Lombardia.

Allora, come ancora oggi, “è l’unico negozio aperto a interrompere una stecca di 14 vetrine”.

Dentro ci sono pane e verdure fresche, ma anche pasta e dolci, prodotti per la casa e quelli di cosmesi, tutto da piccole realtà anch’esse etiche, che cioè “tutelano ambiente e lavoro”: produttori locali, cooperative che impiegano ex detenuti o altre persone svantaggiate. E con il ‘grembiule’ da garzone ci sono adulti con disabilità, arrivati qui per un esperimento - riuscito - di inserimento lavorativo con un contratto che in genere dura un anno, poi “al quarto - quinto mese le attività quotidiane vengono affiancate dalla ricerca attiva di un’altra occupazione”.

Fuori invece ci sono la serranda colorata, fioriere, rastrelliere per le bici e libri per il bookcrossing. La zona ‘risponde’: le persone arrivano, scoprono nuovi prodotti ma non solo. Come dimostra anche l’anno della pandemia, in cui gli ordini non si sono mai fermati. Eppure “i primi due anni sono stati difficilissimi. La nostra è anche una via a senso unico, non ci passi per caso - racconta Scorza - ma solo se ci vivi. Qui da anni mancava un negozio, e una delle cose a cui teniamo di più oltre alla ‘mission’ dell’inserimento lavorativo è quella di essere un presidio sociale nella zona”.

Alla bottega etica di Niguarda dunque si affacciano famiglie con bimbi, ma anche tanti anziani. E non solo per comprare: “Quando sono partite le limitazioni legate al Covid, è capitato che ci chiedessero anche di stampare documenti come l’autocertificazione o inviare email - spiega ancora Scorza -: qualche anziano ci ha persino chiesto aiuto per riparare il cellulare. Capita, quando per interi isolati sei l’unico spazio pubblico aperto”.

I numeri

Oggi “ZeroPerCento” dà spazio a ben 120 produttori, “tutti di filiera etica, compreso un 20% di cooperative sociali come la nostra, che magari impiegano a loro volta persone con disabilità”. Soprattutto, ci lavorano15 persone, di cui 11 con disabilità. Dagli esordi, ne ha formato sul campo 25, per lo più giovani tra i 19 e 30 anni: una ventina ha poi trovato impiego in diversi ‘big’ della grande distribuzione come addetti alle vendite, qualcuno si è fermato in bottega un po’ più di un anno, perché aveva bisogno di più tempo per diventare autonomo o invece proprio perché l’autonomia conquistata cominciava a dare i suoi frutti.

“Non siamo una comunità, il nostro con loro è il rapporto di un datore di lavoro - precisa la presidente -: le persone da inserire, tutte disoccupate da almeno sei mesi, ci vengono segnalate dagli uffici comunali e da una fitta rete di enti del territorio. Ma le richieste che riceviamo sono molte di più di quelle che possiamo accogliere”. Segno che l’esigenza raccolta è molto sentita.

La pandemia e il rilancio

Quanto al Covid, non li ha fermati: “L’anno scorso all’inizio avevamo ancora uno spazio piccolo, non potevamo garantire le distanze quindi abbiamo chiuso scegliendo di puntare sulle consegne a domicilio - spiega Scorza -. Proprio allora stavamo cercando di lanciare il nostro sito on line, quando le richieste sono esplose: ne abbiamo avuto un migliaio in due settimane”.

Con le riaperture in autunno c’è stata la possibilità di raddoppiare la sfida etica del progetto. Mentre a Niguarda veniva abbattuta una parete interna per creare più spazio e locali più arieggiati, con l’esperienza maturata qui “ZeroPerCento” ha potuto fare un altro passo, questa volta in via Signorelli 13, dietro la più animata Paolo Sarpi. Un’occasione per farsi conoscere di più, così ad esempio a Natale e a Pasqua “molte aziende ci hanno contattato per fornire loro ceste regalo ai propri dipendenti”. E un’occasione per rilanciare il proprio impegno: nel secondo spazio vendita si è puntato sul tutto sfuso, per limitare il più possibile gli imballaggi.

Una bottega plastic free e zerowaste che piace ai più giovani: “A Niguarda prevalgono gli over 45, qui invece l’età media si è abbassata, anche perché le tematiche ambientali sono molto care ai ventenni”. Rimane una certezza: “Molto dell’inserimento al lavoro dei nostri dipendenti lo fa il cliente - riflette Scorza -: si impara a rispondere alle richieste, ognuno magari con i suoi tempi. Nel primo negozio entrare in relazione è più facile, è uno spazio pensato proprio per questo e appunto molto al centro della vita di quartiere. In Sarpi, dove eravamo meno ‘noti’, abbiamo puntato su cartelli che spiegano il nostro progetto e non abbiamo avuto problemi, anzi molti si interessano al lato sociale dell’iniziativa. Fermo restando che noi puntiamo soprattutto sulla qualità: sappiamo che i clienti continueranno a tornare perché chi assaggia il nostro pane, la nostra carne, il nostro latte non cambia più. Semplicemente, sono più buoni”. In tutti i sensi.

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