Si chiama “Nimas” (Neuromuscular electrical stimulation to enhance the exercise benefits for muscle functions during spaceflight), verrà testato durante la missione NASA Space X Crew-7 (che ha raggiunto a Stazione Spaziale Internazionale lo scorso 27 agosto), e ha l’obiettivo di valutare se la stimolazione elettrica neuromuscolare possa essere uno strumento utile per un migliore adattamento del corpo umano nello Spazio.
Il progetto è coordinato da Alessandra Bosutti, del dipartimento di Scienze della vita dell’Università di Trieste, che ha sottolineato come l’esposizione alla microgravità durante il volo spaziale porti a sostanziali processi di adattamento nel sistema muscolo-scheletrico degli astronauti, caratterizzati dalla perdita di massa muscolare e declino delle capacità di esercizio.
Lo studio punta dunque a determinare l’efficacia della stimolazione elettrica neuromuscolare (Nmes) nel contrastare il declino di massa, metabolismo e funzioni dei muscoli delle gambe degli astronauti durante la permanenza nello Spazio
La Nmes potrebbe quindi essere promettente, aggiunge l’Università, per potenziare gli effetti dell’allenamento in volo e per ridurre il tempo necessario per l’esercizio fisico quotidiano.
Le possibili applicazioni, nello Spazio ma anche sulla Terra
Secondo l’ateneo, “i risultati dello studio (sponsorizzato dall’ESA e condotto in collaborazione con il nostro team internazionale di scienziati provenienti da Germania, Olanda, Svizzera e Regno Unito) potrebbero esser applicati in futuri habitat a gravità ridotta sulla Luna, o più avanti su Marte, e avranno importanti ricadute anche sulla Terra per pazienti anziani o con ridotta mobilità”.
Effetti simili a quelli indotti dalla microgravità sugli astronauti si ritrovano infatti anche negli anziani e su coloro che per vari motivi non possono muoversi o esercitare il fisico in maniera adeguata.